Guardando il documentario Il leone di Orvieto, proiettato al Festival internazionale del film di Roma, non si sa se ridere o piangere. Vi ricordate Giancarlo Parretti, quello della scalata alla Metro Goldwin Mayer, quello che ha venduto la Cannon Film e il Milan a Berlusconi, quello che intrattenne buoni rapporti con Gianni De Michelis e fu socio del “finanziere creativo” Florio Fiorini? Il film di Aureliano Amedei racconta la sua epopea, scegliendo un tono comico-sardonico che forse è l’unico tono possibile davanti al valzer di operazioni finanziarie poco chiare messe in atto da Parretti e Fiorini che portò, tra l’altro, all’implosione della banca francese Crédit Lyonnais.

Posso capire la scelta del regista di buttarla sul comico di non indignarsi più di tanto (o, più verosimilmente, di fare finta di non indignarsi più di tanto) anche per un altro motivo. Parretti ha accettato di farsi intervistare per il film, seduto sulla terrazza di casa sua, davanti al magnifico duomo della sua città natale, Orvieto, dove ha cominciato la carriera lavorando come cameriere e buttadentro in un ristorante per turisti. Parretti era presente anche alla prima del film, dove in tanti sono andati dopo a stringerli la mano, a ridere, a scambiarsi pacche sulle spalle.

Non dico che Amedei sia sceso a patti con Parretti. Credo solo che abbia capito che la sua storia era già di per sé così incredibile che bastava presentarlo per fare satira, un po’ come fece Matt Tyrnauer nel suo bello e altrettanto divertente documentario

Valentino: the last emperor. È una operazione da “botte piena e moglie ubriaca”? Forse sì, ma funziona, perché il metodo è molto in linea con il personaggio che ritrae.

Guardando il film, e assistendo a queste scene in sala subito dopo, mi sono però chiesto: quello che è successo in Italia in quegli anni, tra la prima e la seconda repubblica, può essere spiegato e assorbito solo trasformandolo in una specie di operetta? Con i suoi personaggi loschi, sì, ma alla fin fine anche divertenti? Non mi ha affatto sorpreso vedere Parretti incassare i complimenti di amici e conoscenti in sala. A volte il film non finisce con i titoli di coda.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it