Prendetevela pure con la civiltà minoica. Sono stati gli antichi cretesi ad avere la brillante idea di scavare grandi fosse, fuori dai centri abitati, per poi riempirle di rifiuti e ricoprirle di terra.

Da allora sono passati tremila anni, ma il nostro sistema di smaltimento dei rifiuti non è cambiato molto. L’unica differenza è che i minoici hanno lasciato ai posteri reperti archeologici preziosi, mentre noi saremo ricordati per i nostri cumuli di pneumatici, sacchetti di plastica e confezioni vuote di cereali.

C’è voluto parecchio tempo, ma finalmente abbiamo cominciato a interrogarci sul nostro atteggiamento verso la spazzatura, che è stato sempre ispirato al principio “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. In realtà siamo stati costretti a farlo, perché lo spazio per le discariche si sta esaurendo rapidamente. Non ci restano che tre alternative: ridurre i consumi e produrre meno rifiuti, cercare di riciclare il più possibile oppure sguazzare nella nostra immondizia.

Purtroppo, considerata la nostra propensione ai consumi e allo shopping, la prima strada appare impraticabile. È un po’ deprimente: nel giro di sei mesi l’80 per cento di quello che compriamo finisce in una discarica e, nel Regno Unito, ogni anno si producono 26 milioni di tonnellate di rifiuti (entro il 2020 si arriverà a 40 milioni di tonnellate all’anno). Visto che nessuno vorrà optare per la terza alternativa, non ci resta che tentare con la seconda soluzione: il riciclaggio.

Per fortuna ci stiamo abituando a riciclare la spazzatura in modo coscienzioso, sia perché, come consumatori, vogliamo assumerci le nostre responsabilità sia perché le amministrazioni locali ci stanno costringendo a farlo (anche loro devono rispettare le nuove normative che impongono il raggiungimento di determinate quote di raccolta differenziata).

Nel 2005 il governo britannico si è congratulato con i cittadini per gli sforzi compiuti: dai dati ufficiali è emerso che, tra il 2001 e il 2005, la quantità di rifiuti domestici riciclati nel Regno Unito è raddoppiata. Sarebbe avventato, però, correre a brindare: solo il 17 per cento dei rifiuti britannici viene riciclato o compostato, una percentuale bassa rispetto ad altri paesi. Gli svizzeri, per esempio, riciclano il 53 per cento della spazzatura.

Il riciclaggio è davvero la risposta giusta? E se invece, come sostengono alcuni, l’energia consumata per separare, raccogliere e riciclare alcuni materiali fosse superiore a quella richiesta per produrli ex novo? E che dire di alcune leggende metropolitane, secondo cui i rifiuti che ci sforziamo di separare in sacchi destinati agli impianti di riciclaggio finiscono poi in una discarica indifferenziata?

Sono andato a vedere il mio impianto di riciclaggio locale, soprattutto per chiarire alcuni dubbi che mi erano venuti. Ora posso dire con certezza che la spazzatura raccolta per il riciclaggio è davvero selezionata e stoccata separatamente. Monitorando le operazioni, ho visto che le mie bottiglie di plastica (insieme ad altre 40 tonnellate di bottiglie) venivano caricate su un camion per poi essere riciclate.

Il riciclo dei rifiuti sarebbe conveniente anche dal punto di vista del consumo energetico. Secondo WasteWatch, l’osservatorio britannico che si occupa di incentivare la riduzione e il riciclaggio della spazzatura, l’energia usata per riciclare le bottiglie di plastica è otto volte inferiore a quella che serve per produrre lo stesso polimero vergine. Per ogni bottiglia di vetro riciclata si risparmia una quantità di energia sufficiente ad alimentare un televisore per venti minuti.

Ma non è oro tutto ciò che luccica. Il trasporto dei rifiuti da un paese all’altro sta diventando un problema. Moltissima spazzatura viene spedita all’estero perché in Europa la maggior parte dei materiali non ha mercato. La metà delle bottiglie di plastica che raccogliamo in contenitori separati finisce in Cina, dov’è venduta per 75 euro a tonnellata. Nei paesi dell’Unione europea, invece, non ci si potrebbe guadagnare neanche un euro.

La Cina è diventata il rigattiere più grande del mondo. Tuttavia, quella che per alcuni è una soluzione razionale e pratica, che risponde alle sollecitazioni del mercato, potrebbe rivelarsi una scelta miope: bisogna infatti considerare le emissioni prodotte durante il trasporto e i danni sulla salute dei lavoratori, che spesso manipolano i rifiuti tossici senza guanti.

Sarebbe meglio scegliere un’altra soluzione, che speriamo venga imposta a breve anche dalle autorità. La maggior parte dei prodotti che compriamo dovrebbe essere progettata pensando al suo possibile riuso o riciclaggio. E i consumatori dovrebbero fare lo sforzo di comprare, quando è possibile, prodotti realizzati con materiali riciclati. Riciclare non basta: è solo l’ultima risorsa da prendere in considerazione.

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