Stiamo arrivando al dunque. Forse avrei dovuto avvertirvi che c’eravamo vicini. D’altronde finora è stato tutto relativamente facile: gli esercizi che abbiamo fatto erano per lo più del genere “facciamoci venire in mente delle belle idee” e le indicazioni su cosa fare erano chiare.
Ho l’impressione che molti di voi avrebbero continuato volentieri con questo tipo di esercizi per un anno intero, accumulando capitoli su capitoli – tutti scollegati tra loro – in attesa di un’illuminazione: “Ecco l’Idea, ecco l’argomento su cui voglio scrivere”.
Credo però che se fossimo andati avanti così alcuni di voi si sarebbero sentiti frustrati: so benissimo, infatti, che siete in tanti ad avere dei romanzi già cominciati e che non vedete l’ora di partire sul serio. Ovviamente, non c’è un solo modo di scrivere un romanzo. Tutto quello che posso fare – e come me qualsiasi altro scrittore – è spiegarvi come procedo io e sperare che possa esservi utile.
Da un piccolo sondaggio condotto tra i miei amici scrittori, ho ricavato questo dato: alcune fasi del nostro lavoro tendono a essere uguali per tutti. La prima è quella delle idee, quella in cui vengono vaghi pensieri sull’ambito in cui ci si vuole avventurare: niente di più preciso, tanto per fare un esempio, che sapere se il prossimo libro sarà ambientato su una nave o nella Francia del medioevo.
In questa fase i protagonisti sono altrettanto vaghi, sembrano spettri. Magari sappiamo che qualcuno finirà annegato, o scoprirà la verità. Spesso c’è una singola immagine ferma nella nostra testa: raffigura qualcuno in un caffè o su un dirupo, e va a finire che noi costruiamo un intero romanzo solo per spiegarci quell’immagine.
Ursula Le Guin, scrittrice statunitense di fantasy, ha chiarito com’è arrivata a creare lo strano pianeta dove si svolge il romanzo The left hand of darkness, i cui abitanti non hanno differenze sessuali e sono tutti ermafroditi. Ogni tanto vanno in calore, come i cani, e per un po’ diventano maschi o femmine. La scrittrice sostiene di aver messo in piedi tutto questo per poter usare la frase: “Il re è incinto”.
“Cominciamo dall’inizio, perché è un gran bel punto da cui cominciare”, cantava Julie Andrews in Tutti insieme appassionatamente. Se la sua gorgheggiante suora si fosse presa la briga di scrivere un libro, probabilmente avrebbe cambiato idea in un batter d’occhio. È quasi impossibile che la prima cosa che viene in mente a un romanziere sia la prima frase. Se fosse così, la nostra vita sarebbe molto più semplice.
In certi casi, la fase delle idee può durare alcuni anni. Ho scritto il secondo e il terzo romanzo mentre l’idea del quarto sobbolliva in qualche oscuro recesso del mio cervello. Ogni tanto mi dicevo, ma sì, ecco di cosa voglio scrivere, ben sapendo che prima di poterlo fare avrei dovuto finire gli altri libri.
Se siete saggi, quando vi verranno delle idee prenderete appunti. Forse terrete addirittura un quadernetto apposta per quel romanzo, mentre cominciate a fare un po’ di letture o di ricerche sugli argomenti di cui tratta. Se, come me, siete terribilmente disorganizzati, non farete altro che tenere a mente quell’idea, simile a una ciste benigna, perfettamente consapevoli che prima o poi dovrete darvi da fare per cavarne qualcosa.
Gli esercizi “genera-idee” svolti fin qui avevano lo scopo di riprodurre questo periodo di fermentazione, ma siccome stiamo cercando di concentrare la stesura di un libro nello spazio di un anno, la fase è stata compressa artificialmente. Ben presto dovrete buttarvi e cominciare a lavorare sul romanzo vero e proprio; e allora non potrò più fare nulla per aiutarvi a decidere quale idea, delle mille che avete in testa, è quella giusta.
Purtroppo, spesso vi accorgerete che state seguendo una falsa pista solo dopo un bel po’, ma è un rischio che dovete correre. Uno dei due manoscritti inediti, che ho scritto quando avevo vent’anni, mi ha preso tre anni di lavoro, e alla fine da trecento pagine ho ricavato solo un raccontino. Però è così che si fa, non ci sono scorciatoie.
La prossima settimana commenterò i vostri personaggi storici e vi assegnerò l’ultimo esercizio “genera-idee”. Dopodiché, parleremo di come raccogliere le intuizioni e cominciare a scrivere un libro.
Internazionale, numero 640, 4 maggio 2006
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