La famiglia… cosa faremmo noi scrittori se non esistesse la famiglia? Di sicuro avremmo molto più tempo, ma pensate a quanto materiale in meno! L’ultimo esercizio che vi avevo assegnato riguardava gli ostacoli che impediscono al vostro protagonista di raggiungere i suoi obiettivi.
Molti di voi hanno descritto scene che coinvolgono madri e figlie o padri e figli. Alcune sono scontri violenti, come quella di Steve: “Richard aprì la porta e andò dritto incontro al padre. ‘Dove sei stato?’, gli chiese subito l’uomo. ‘Sono tornato a piedi e ci ho messo un po’. ‘Non è quello che ti ho chiesto’, ribatté Arthur. ‘Ti ho chiesto dove sei stato’. ‘Ho camminato fino a casa’, rispose Richard, e sentì il dolore acuto di uno schiaffo a mano aperta che gli colpiva la bocca”.
La scena non finisce qui; il padre continua dicendo di essere andato a scuola e “Padre Peder mi ha assicurato che oggi non ti ha visto per tutto il giorno, e neanche ieri”. Fin qui potrebbe sembrare un racconto su un ragazzo che salta di nascosto le lezioni, però poi ecco cosa scopriamo: “La bocca di Richard si spalancò per la sorpresa. Lui era andato a scuola, tutti e due i giorni; perché il prete aveva mentito?”.
Non tutti i confronti tra genitori e figli sono violenti. Marina racconta di una giovane donna che si fa coraggio e dice alla madre che sta per andarsene di casa: “La signora Conti mi ha chiesto di farle da cameriera; ha detto che mi pagherà il doppio di quanto mi danno a teatro. E vivrò con lei, ovunque andrà. Questo però significa partire per Roma entro fine mese”.
È una scena semplice che tuttavia ci offre un esempio eloquente di come a metterci i bastoni tra le ruote possa essere anche chi ci vuole bene (tanto quanto chi non ce ne vuole affatto).
L’assortimento di ostacoli a cui i vostri personaggi devono far fronte è impressionante. Tarric, per esempio, deve cucire un corpo in un sacco. Serafino, invece, sta cercando un ragazzo di nome Feliciano, ma tre bulli si mettono sulla sua strada. Susanne è sulla soglia di casa e supplica Carl, un tizio dall’aria sgradevole: “Per favore, dille che mi dispiace”.
E come fa John, un quacchero, a convincere il giudice che sono i suoi princìpi morali a impedirgli di combattere contro i tedeschi? “L’umanità non ha bisogno di arte ma di storie”, scriveva Gilbert Keith Chesterton.
Non voglio dire che la prima escluda le seconde però, siccome siete degli scrittori in erba, è meglio se per adesso vi concentrate sulle storie. Quando, in questa fase di raccolta del materiale, non sapete come far evolvere la trama o semplicemente come continuare, pensate a quali sono i punti della vostra storia in cui ci sono delle situazioni conflittuali.
Quali ostacoli troverà il vostro protagonista sul suo cammino e come li supererà? Lo stesso vale anche per gli altri personaggi. Perciò vi chiederei di fare un esercizio che è un parziale ritorno a quelli autobiografici della prima parte dell’anno. Dico parziale perché adesso spero che abbiate abbastanza esperienza per sapere come prendere un incidente, o un’emozione, dalla vostra vita privata e farlo vivere a un personaggio inventato.
Cosa vi fa arrabbiare? Intendo, arrabbiare tantissimo, tanto da fare qualcosa di cui poi vi potreste pentire. Io, una volta, per poco non ho preso a pugni un’altra mamma nel cortile della scuola. Non voglio scendere nei dettagli, però vi posso assicurare che avevo le mie buone ragioni perché il suo comportamento era stato davvero odioso.
Sono contenta di essermi trattenuta per molti motivi, non ultimo il fatto che prendere a pugni la gente è sbagliato, ma ancora ci fantastico su di tanto in tanto, quando mi ritrovo in situazioni spiacevoli di tutt’altra natura. Il gran vantaggio di scrivere narrativa è che i vostri personaggi possono fare a botte, anche se poi, proprio come nella vita reale, devono pagarne le conseguenze.
Se vi va, partite dall’incidente dell’ostacolo per fare un passo ulteriore: in che modo il vostro personaggio riuscirà a superarlo? Come si comporta? Si arrende e cerca di aggirarlo? Se invece non volete continuare con l’incidente, prendete spunto da una vostra arrabbiatura e attribuitela a un personaggio, anche di secondo piano, del libro.
Non deve necessariamente essere qualcosa di personale; potrebbe trattarsi anche di un motivo serio e importante come un’ingiustizia, la povertà del terzo mondo o un bambino maltrattato. Cercate di trasmettere ai personaggi le vostre convinzioni morali più profonde. Se qualcosa vi colpisce dal punto di vista emotivo, ci sono maggiori possibilità che risulti convincente anche per il lettore.
Internazionale, numero 656, 25 agosto 2006
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