Come procede il vostro romanzo? Ve lo chiedo perché penso che la fase in cui siete adesso sia la più difficile in assoluto. In teoria avete più materiale su cui lavorare – scene, frammenti, brevi annotazioni – però c’è la possibilità concreta che non sappiate che forma dargli.

O magari trovate che in generale sia dura: un po’ di esercizi li avete fatti, continuate a pensare che ne valga la pena ma, in realtà, non avete scritto tanto quanto avreste voluto e il tutto si sta rivelando molto, ma molto più difficile di ciò che credevate.

A ogni scrittore capitano i giorni in cui non va, quando pure le parole sembrano viscide e sfuggenti come i tentacoli di una piovra gigante. Allora è facile farsi prendere dal panico, soprattutto se si sono fatti tanti sacrifici per ritagliarsi i propri spazi e si è perfettamente consci che questo tempo prezioso sta scivolando tra le mani come acqua fresca.

Se avete soltanto un paio d’ore, è meglio che ci proviate lo stesso, scrivendo comunque qualcosa, foss’anche solo un paragrafo. Se invece siete completamente bloccati, prendete il primo libro che avete sottomano, meglio se collegato in qualche modo al vostro.

Nel caso in cui apparteniate al novero dei fortunati che hanno potuto ritagliarsi un periodo di tempo più lungo e vi accorgete che oggi proprio non va, fate questo tentativo: uscite di casa (una prospettiva rilassante, dopo aver passato tante ore alla scrivania nelle ultime settimane), portatevi un taccuino e magari anche la macchina fotografica. State per visitare il vostro romanzo.

Mentre scrivevo il mio secondo libro, decisi che uno dei miei personaggi doveva abitare appena fuori Londra. Così saltai sulla metropolitana e andai fino al capolinea della Northern line. Trovai un’agenzia immobiliare e osservai ben bene tutte le offerte in vetrina finché individuai una casa che poteva benissimo essere quella del mio personaggio, un tipo sinistro di nome Peter.

L’abitazione che avevo in mente era grande e costosa, circondata da un’alta siepe di ligustro. Dopo averne individuata una simile, m’incamminai verso l’indirizzo e, girovagando per le strade vuote di un giorno lavorativo, cominciai a pensare a Peter. Visto che era scapolo, cosa se ne faceva di una casa così grande? Perché sceglierne una bella ma poco appariscente, perfino un po’ anonima?

Il tempo di arrivare in fondo alla strada, e avevo capito il segreto nascosto nel suo passato e perché aveva deciso di cambiare il testamento una settimana prima di morire.

In un viaggio del genere le foto che scatterete vi saranno utilissime perché, quando le riguarderete e penserete al vostro protagonista, magari illumineranno dei dettagli a cui sul momento non avevate pensato: è un po’ come trovare un fantasma sulle foto appena stampate. Anche l’angolazione della luce, di colpo, potrà farvi venire in mente il motivo per cui un personaggio si comporta in una certa maniera. Non tutti questi particolari vi saranno utili, alcuni però varranno oro.

Se il vostro libro è ambientato all’estero o nel passato, andare sul posto può sembrare impossibile, ma cercate di affrontare la questione in modo creativo. Se la vostra protagonista è una cortigiana del cinquecento, andate nella merceria sotto casa o in un grande magazzino, e chiedete di toccare il satin o il pizzo più costosi.

Se, invece, il romanzo si svolge in Portogallo e non potete permettervi un volo fin laggiù, trovate un ristorante portoghese e ordinate qualcosa che non avete mai sentito nominare. Domandate come fanno a cucinarlo. Sul sito inglese di questa rubrica ci sono gli esercizi di un tale Potternut, che scrive di draghi. Bene, Potternut: prendi la macchina fotografica e fatti un giro nei boschi finché non trovi un albero o una roccia su cui al tuo drago piacerebbe sedersi.

Le vite reali non sono fatte solo delle cose che ci diciamo l’un l’altro o dei nostri pensieri. Hanno molte altre dimensioni: panorami, suoni e sensazioni. Cominciate a immaginare tutte le possibili dimensioni della vita dei vostri personaggi. Non è detto che dobbiate usare subito quella foto o quel pezzo di satin, ma potete metterli nella pila delle cose che compongono il vostro libro; chiamatelo album di ritagli, se volete.

Per questo trovo che siano utilissimi i raccoglitori d’archivio; quando devo cominciare un nuovo romanzo, li riempio di qualsiasi cosa che potrebbe, prima o poi, trovare un posticino nel mio nuovo lavoro. E quando comincio a scrivere, il mio raccoglitore si trasforma in un vaso di Pandora.

Internazionale, numero 657, 31 agosto 2006

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