Telefonini, macchine fotografiche, telecamere e computer diventano sempre più compatti, e la miniaturizzazione è una sfida familiare per i progettisti industriali. Ma lo è anche per noi progettisti grafici, chiamati a lavorare su dimensioni sempre più piccole. I primi giornali erano stampati a caratteri minuscoli su entrambi i lati di un foglio formato poster. Con l’aumento del costo della carta, i giornali hanno ridotto il formato, e negli ultimi dieci anni hanno abbandonato il grande formato a favore del più maneggevole tabloid.
Le riviste hanno seguito una tendenza simile. Le ampie pagine delle riviste degli anni sessanta e settanta permettevano un uso generoso dei caratteri di stampa e della fotografia. Ma da allora la maggior parte delle riviste si è ristretta: nel gennaio del 2000, quando l’edizione italiana di Glamour è stata rilanciata in un formato “borsetta”, è esplosa la moda delle mini-riviste.
Ridurre le dimensioni può far risparmiare e magari offrire un prodotto più agevole, ma rende la vita difficile ai grafici, che devono far entrare gli stessi contenuti in spazi sempre più piccoli. E i sacrifici estetici a cui siamo costretti finiscono per compromettere anche l’esperienza estetica del lettore. Ora che gli editori si sono lanciati sui contenuti digitali, dobbiamo fare i conti con la pagina più piccola di tutte: lo schermo di un telefonino.
Fare un progetto per i telefonini diventa un problema grafico affascinante, ma bellezza e piacevolezza non sono tra le opzioni disponibili. Se i mezzi di comunicazione continueranno a restringersi, le pagine ben disegnate e le belle fotografie potrebbero diventare un lusso raro.
*Traduzione di Nazzareno Mataldi.
Internazionale, numero 796, 22 maggio 2009*
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