Ci salutiamo con un bacio. Unico caso nei paesi di lingua spagnola, noi uomini argentini ci salutiamo con un bacio. All’inizio gli stranieri si stupiscono: è un contatto imprevisto. Poi, a volte, si crucciano: non vogliono essere toccati. Oppure si entusiasmano. Qualcuno chiede lumi sull’origine di questo sbaciucchiamento.
Nessuno lo sa con certezza: quel che si sa è che è un’abitudine che non ha più di venti o trent’anni. Qualcuno ha detto che chi riuscisse a capire perché noi uomini argentini ci baciamo avrebbe svelato il segreto della patria. Nessuno ci ha ancora provato. Ma gli storici dilettanti sostengono che quest’abitudine era in voga tra i tangueros negli anni trenta del secolo scorso, quando il tango non era più un ballo per soli uomini.
L’abitudine restò circoscritta a quell’epoca: quando ero ragazzo, gli uomini argentini si davano la mano. Poi, una ventina d’anni fa, i baci sono tornati di moda. C’è chi dice che è un’abitudine proveniente dall’ambiente vagamente mafioso dei gerarchi sindacali, che poi è passata a quello affine dei dirigenti di calcio, e da lì a tutti gli altri.
Il calcio, crogiolo dell’argentinità, ha contribuito molto alla diffusione di quest’abitudine. Resta famosa la promessa di Diego Armando Maradona all’amico e collega Claudio Caniggia: se quel pomeriggio giocando per il Boca Juniors avesse segnato un gol al River Plate non gli avrebbe dato il consueto bacio sulla guancia, ma un bacio brutale sulle labbra. Quel pomeriggio Caniggia fece tre gol, e la partita si trasformò uno spettacolo non del tutto indicato per i minori di quattordici anni.
È strano, perché il calcio è l’ambiente più omofobo di un paese così omofobo da ritenersi gay friendly. Il grado zero dell’insulto calcistico, dei cori da tifosi sfegatati, consiste nel chiamare l’altro puto, come nel classico verso del coro del River Plate secondo cui i tifosi del Boca Juniors “son todos negros putos / de Bolivia y Paraguay”. A questo punto l’arbitro ferma il gioco non per omofobia, ma per l’offesa arrecata alle repubbliche sorelle sudamericane.
Insomma, dal calcio al resto del paese, e con grande efficacia. È strano baciare tutti questi sconosciuti. In una qualsiasi occasione sociale un maschio argentino può baciare dieci, dodici, quindici maschi argentini in un attimo: superfici ruvide, pungenti, lievemente sudate. È un’attività pedagogica: noi uomini argentini conosciamo l’ordalia a cui devono sottoporsi a volte le donne. Allo stesso tempo, baciarsi tra uomini contribuisce all’uguaglianza: in una cultura in cui un uomo e una donna si sono sempre salutati tra loro con un bacio, il fatto che lo facciano anche due uomini elimina certe differenze.
La situazione è questa. O era questa. Perché di recente è arrivata una restaurazione conservatrice. I ragazzi bene, quelli che vivono in grandi case, che giocano a polo, i banchieri che hanno fatto un master negli Stati Uniti, i rugbisti di prima divisione, gli ex alunni di scuole anglocristiane che oggi governano la città, non si sono mai baciati. Suppongo che fossero troppo maschi. Adesso il loro atteggiamento sta prendendo piede. L’effetto trickle down funziona solo per le mode e le abitudini: le consuetudini sociali dei ricchi ricadono luccicando sulla classe media, che se ne nutre e le riprende.
Da questo focolaio è nata la resistenza, e sono sempre di più gli argentini che sottraggono il loro volto alle labbra altrui. Aumenta lo sconcerto. Si prevedono impacci culturali, conflitti di classe e baci sospesi a mezz’aria.
(Traduzione di Francesca Rossetti)
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