C’è chi ha vinto, c’è chi ha stravinto, c’è chi ha perso e c’è infine chi non ha neanche giocato. Ha vinto, e bene, senz’altro Sergio Mattarella, eletto con quasi i due terzi dei votanti. Sarà difficile bollarlo come presidente divisivo, anche se la sua era una candidatura “di parte”.
Ha vinto anche il Partito democratico, e con lui l’Italia. Due anni fa quel partito mise in atto lo spettacolo penoso delle sue spaccature, di congiure degne di una corte rinascimentale, defenestrando senza tanti complimenti il suo padre nobile Romano Prodi e dando al mondo intero l’immagine di un’Italia alla deriva, di un sistema politico allo sbando.
Questa volta invece, malgrado le sue divisioni interne, il Pd ha retto alla prova, grazie anche a una minoranza che, sotto la guida di Pierluigi Bersani, ha voluto giocare la partita. E grazie al segretario nonché presidente del consiglio, Matteo Renzi. È lui infatti il vincitore assoluto: ha anteposto l’unità del partito al patto del Nazareno. Ha rinunciato a designare un candidato renziano, magari gradito a Berlusconi. Ha optato per una persona che piace tanto alla sinistra del Pd quanto alle forze centriste ed ex Dc sparse un po’ in tutti i partiti, per una persona inoltre sulla cui preparazione e indipendenza pochi nutrono dubbi.
Ha perso invece Silvio Berlusconi. Renzi almeno in questa occasione ha dimostrato che è vero quello che sta dicendo da mesi: “Silvio sta ancora al tavolo, ma non dà più le carte”. Come se non bastasse, buona parte dei parlamentari di Forza Italia non hanno neanche rispettato la consegna di votare scheda bianca, rafforzando l’impressione di un partito in disarmo.
Ha perso, e forse in maniera ancora peggiore, Angelino Alfano. Prima ha provato a fare la voce grossa contro la candidatura di Mattarella. Poi, alla prima sgridata di Renzi, è rientrato mesto mesto nei ranghi, rivelando di non avere né una strategia, né neanche un briciolo di tattica – e confermando in questa maniera tutta l’inconsistenza del Nuovo centrodestra, forza politica che ancora una volta ha confermato di avere il futuro alle spalle.
Invece non ha neanche giocato il Movimento 5 stelle. Ricordate l’elezione del presidente di due anni fa? Allora sì che i grillini erano scesi in campo. Con Stefano Rodotà avevano mandato avanti un candidato dal profilo altissimo, una persona inoltre che metteva subbuglio nel Pd, non soltanto fra deputati e senatori, ma anche nella base del partito. Questa volta invece, schierando Ferdinando Imposimato, sono riusciti a non farsi neanche notare. Un po’ poco per una forza di opposizione forte di 25 per cento degli elettori. E alla fine non ce l’hanno neppure fatta ad applaudire il vincitore.
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