Più si avvicinano i Mondiali, più è evidente che i brasiliani accoglieranno la manifestazione tra le proteste. Il 2014 è anche l’anno delle elezioni, e un successo o un fallimento dell’evento può cambiare il quadro politico del paese.

Le proteste contro i Mondiali non sono una novità. Dal 2011 i movimenti sociali si sono mobilitati contro decine di risoluzioni imposte dalla Fifa o dalle amministrazioni locali in nome di una manifestazione che durerà un mese. Alcune vittorie hanno ispirato le proteste di giugno. Un caso famoso è quello delle

baianas do acarajé, a cui la Fifa aveva proibito di vendere le tradizionali frittelle nello stadio di Salvador. Dopo aver raccolto più di 17mila firme, le donne hanno ottenuto l’autorizzazione della Fifa.

A Natal, nello stato di Rio Grande do Norte, 250 famiglie a rischio di sgombero per l’ampliamento del viale che collega l’aeroporto e lo stadio hanno presentato un progetto alternativo. Dopo un anno di trattative, nel 2013 il nuovo sindaco ha accettato la loro proposta.

A Rio de Janeiro, la resistenza di indigeni, studenti e atleti ha evitato che si demolisse lo stadio di atletica Célio de Barros, l’Aldeia Maracanã e il centro acquatico Júlio Delamare, vicino allo stadio Maracanã. Nessun progetto è stato discusso con la popolazione finché non sono scoppiate le proteste. Ecco qual è il lascito più grande dei Mondiali al Brasile: l’idea che il popolo può vincere se fa valere i suoi diritti.

Sullo stesso argomento si può leggere quest’articolo pubblicato da Agencia Pública.

Traduzione di Fabrizio Saulini

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