Il ritardo italiano nel riconoscimento dei diritti civili ha come effetto l’accumularsi di disuguaglianze nelle opportunità e nelle condizioni economiche delle persone lgbt, tanto più inaccettabili perché trovano le loro radici in discriminazioni basate sull’identità individuale.

In Italia, le persone che vivono in coppie dichiaratamente omosessuali guadagnano, in media, 16.735 euro all’anno, contro i 19.144 euro di chi vive in una coppia eterosessuale. Si tratta di differenze che non hanno a che vedere con le competenze: la percentuale di laureati tra le coppie omosessuali è del 31,8 per cento, oltre 6 punti più alta rispetto a quella delle coppie eterosessuali (25,5 per cento). Analogo discorso per i titoli postlaurea: 12,5 per cento contro il 9,9 per cento.

Fronti di vulnerabilità

Nel mercato del lavoro esistono ancora oggi barriere difficili da abbattere. Un esperimento su imprese di Milano e di Roma ha mostrato che un candidato gay ha il 30 per cento di probabilità in meno di essere richiamato per un colloquio dopo aver inviato un curriculum con informazioni indirette relative al suo orientamento sessuale (per esempio la partecipazione ad associazioni lgbt+).

Questa penalizzazione è più grave per i candidati più qualificati, mentre non è applicata per le donne. In Italia la quota di persone omosessuali, bisessuali o transessuali che dichiarano di aver subìto qualche forma di discriminazione è doppia rispetto a quella dell’Unione europea a 27. Dunque, l’agnosticismo di un parlamento in cui è difficile distinguere tra libertà di coscienza e coscienze in libertà ha aperto altri fronti di vulnerabilità nei gruppi sociali meno tutelati.

Se a fare coming out sono le persone relativamente più istruite e con un reddito più elevato, spesso mantiene il segreto chi non può permettersi di esprimere pubblicamente la propria sessualità – in alcuni casi per il timore di ripercussioni negative sul lavoro, come può accadere a chi ha una condizione lavorativa instabile o un’estrazione socioeconomica meno privilegiata. Così, tra le coppie omosessuali non dichiarate, il reddito individuale medio scende fino a 13.723 euro, quasi seimila euro all’anno in meno di quello di una persona eterosessuale.

L’omofobia e la negazione dei diritti hanno un costo che va oltre chi le subisce

L’evidenza empirica è piuttosto chiara: dove la legge non tutela le identità e gli orientamenti sessuali individuali, si tende a osservare una frequenza più alta di atti discriminatori. In Italia, poi, alcune forme di discriminazione verso le persone lgbt+ sono contenute nelle stesse disposizioni di legge: è il caso dell’accesso all’abitazione, della tutela dell’identità sessuale nelle cure mediche, delle cattive pratiche in segmenti della scuola e della formazione al lavoro.

L’estensione dei diritti per legge ha effetti significativi sulla riduzione di questi divari. Negli Stati Uniti, l’introduzione dell’Employment non-discrimination act ha contribuito a diminuire del 42 per cento il gap salariale tra uomini eterosessuali e omosessuali: dal 14,8 per cento del 1990 al 4,7 per cento del 2012. Altri studi statunitensi hanno mostrato che l’accesso all’istituzione matrimoniale ha significativi effetti positivi sullo stato di salute psicologica e fisica delle persone omosessuali, con effetti benefici sul lavoro che possono contribuire alla chiusura della forbice occupazionale e salariale.

Ma l’omofobia e la negazione dei diritti hanno un costo che va oltre chi le subisce, e pesa sull’intera società. Nei paesi non industrializzati, per esempio, ogni diritto “aggiuntivo” è associato a un aumento del 3 per cento nel reddito pro capite medio. Oggi, l’approvazione del ddl Cirinnà, pur se imperfetto, è il primo passo verso una graduale estensione dei diritti e riduzione delle discriminazioni. Opporsi significa non solamente essere favorevoli alla prosecuzione delle diseguaglianze economiche vissute dai cittadini lgbt+, ma anche al perpetuarsi della “strategia antimodernizzazione” condotta negli ultimi decenni dalle istituzioni italiane, che ci ha condotto a essere un paese meno giusto, meno unito e, in definitiva, più povero.

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