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Come smettere di sentirsi insignificanti

Michael H, Getty Images

Se il pianeta Terra fosse un essere umano, ho saputo qualche giorno fa, avrebbe circa 40 anni, sarebbe cioè a metà della sua aspettativa di vita. “L’ho scoperto quando avevo sei anni e mi ha praticamente sconvolto”, ha scritto su Twitter un insegnante di chimica, che si chiama Keith Karraker. In proporzione, gli esseri umani usano gli attrezzi da appena dieci giorni, e hanno lasciato l’Africa otto ore fa (un’analogia più famosa è quella secondo cui il mondo è cominciato ieri a quest’ora e gli esseri umani sono arrivati solo un secondo fa).

Di solito la gente fa questo tipo di paragoni come avvertimento: siamo qui da così poco tempo e già stiamo per rovinare tutto, con il cambiamento climatico, le estinzioni di massa, o il prurito nucleare al dito del presidente statunitense. Ma ultimamente, sto trovando questo cambiamento di prospettiva stranamente consolante.

Cambiare metro di misura
Provate a considerarlo come una terapia dell’insignificanza: quando gli eventi nel mondo sembrano travolgerci, quale consolazione migliore potremmo avere se non quella di ricordarci che adottando una scala temporale diversa quella marea di eventi diventa indistinguibile dal nulla?

Credo che vi suonerà più o meno rassicurante a seconda della vostra personalità. Il filosofo Bryan Magee nel suo recente libro Ultimate questions, fa un’ipotesi: se dividessimo la storia in fette di cento anni, e a ogni fetta facessimo corrispondere la vita di una persona, che effetto ci farebbe sapere che Gesù è vissuto solo venti vite fa? E che tra noi e Giulio Cesare ce ne sono 21? Ci sentiremmo spaventati o rassicurati? “Dieci ci riporterebbero alla conquista normanna”, scrive Magee. “E per il rinascimento basterebbe una mezza dozzina di persone”.

Nello schema generale delle cose siamo tutti neonati

In questo modo ci rendiamo improvvisamente conto che la vita umana ci sembra lunga perché la paragoniamo alla nostra esperienza dei minuti, delle settimane e degli anni. Ma perché usare questo metro di misura?

Se proviamo a vedere le cose in modo più obiettivo, ci rendiamo conto che la nostra idea di tempo è “irragionevolmente provinciale”, come dice Magee: siamo ossessionati dal nostro angoletto come se fosse l’eternità. A volte mi sconvolge l’idea che adesso in casa nostra c’è un esserino che (per esempio) non ha mai conosciuto il mese di giugno. Ma è anche vero che, in proporzione a tutto il tempo dell’universo, non ho molta più esperienza di lui. Nello schema generale delle cose, siamo tutti neonati.

Tra gli psicologi è opinione diffusa che sentirsi insignificanti è motivo di angoscia. Ma quasi sempre intendono essere insignificanti rispetto agli altri: celebrità, genitori eccezionali, amici che hanno sfondato. Ma se pensiamo all’insignificanza cosmica, tutte queste differenze svaniscono. E non c’è neanche motivo di tormentarsi tanto per le grandi decisioni della vita, perché non sono veramente importanti. Come potrebbero esserlo?

Il trucco consiste nel trovare consolazione in questo senza diventare nichilisti, nel vedere la fugacità di questo angolo di tempo come motivo per preoccuparci di più delle persone e di quello che ci succede intorno, invece di disimpegnarci. In un modo o nell’altro, comunque, andrà tutto bene purché scegliamo un punto di osservazione abbastanza alto. Anche se l’umanità non ci sarà più. “In fondo quello che voglio dire è… pazienza”, conclude Karraker. “La Terra avrà ancora grandi potenzialità dopo che l’avremo distrutta”.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian.

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