“Lavoro con molti esempi dello stereotipo del professore distratto”, scriveva tempo fa il filosofo di Toronto Joseph Heath sul blog canadese In due course. Un ex collega, ricordava, “un venerdì sera mi ha chiamato per chiedermi perché non ero ancora a casa sua. Sua moglie gli aveva affidato il compito di fare gli inviti per la cena, lui se n’era dimenticato e poi si era dimenticato di essersene dimenticato”.
Gli accademici tra i miei lettori capiranno sicuramente di che cosa sto parlando, ma anche tutti gli altri, perché è uno stereotipo che risale a migliaia di anni fa: si racconta che l’astronomo dell’antica Grecia Talete un giorno cadde in un pozzo perché camminava guardando le stelle. Quelli che hanno sempre la testa tra le nuvole dovrebbero tenerlo presente, ma anche quelli che camminano mentre mandano messaggi dal telefono.
A rendere particolarmente fastidiosa questo tipo di smemoratezza è che non dovrebbe neanche darci fastidio: il professore distratto può non presentarsi a un appuntamento o dimenticare che vi deve dei soldi, ma il mondo “la trova una cosa adorabile e forse anche un segno di genialità”. Non solo gli è permesso dimenticare i doveri che tutti noi ci sentiamo obbligati a rispettare, ma viene anche premiato per questo.
E, a pensarci bene, come osserva Heath, questo tratto – chiamiamolo la distrazione arrogante – ha anche risvolti più curiosi. Tanto per cominciare è una caratteristica prevalentemente maschile. E in secondo luogo, sembra sempre andare a vantaggio della persona distratta.
Se qualcuno avesse semplicemente difficoltà a ricordare i propri impegni, qualche volta potrebbe anche arrivare in anticipo a una riunione, non sempre in ritardo. O dimenticare che gli dovete dei soldi, non solo che lui li deve a voi. Ma questo non succede mai, il che porta Heath a concludere che si tratta di una forma di “atteggiamento dominante maschile”.
Si comportano come se fossero persone troppo importanti per preoccuparsi di certe inezie aspettandosi di farla franca. E mascherando la loro arroganza da distrazione, non devono neanche ammettere di essere stronzi.
Questo mi fa tornare in mente “l’incompetenza strategica”, la tattica che usano certe persone per evitare compiti noiosi come caricare la lavastoviglie o sbloccare la carta della stampante, facendolo così male che nessuno glielo chiederà mai più. Ma diversamente dall’incompetenza strategica, la distrazione arrogante non è necessariamente cosciente. Sigmund Freud sosteneva che questo tipo di “dimenticanza motivata” era un modo per esprimere inconsciamente avversione per gli altri in una forma che la mente cosciente era in grado di accettare.
E, come ha dimostrato il biologo evoluzionista Robert Trivers, la selezione naturale ci ha reso bravissimi a ingannare noi stessi, perché spesso il modo migliore per convincere gli altri a credere che siamo troppo presi da pensieri importanti per occuparci di piccoli obblighi, è convincerne prima noi stessi.
In questo modo, quando recitiamo il ruolo del genio svagato che non può fare a meno di comportarsi così, siamo del tutto sinceri e quindi più convincenti. O per dirla in altre parole: sappiamo benissimo che la sbadataggine è un modo per affermare la nostra importanza, ma ce ne siamo dimenticati.
Consigli d’ascolto
Il podcast Radiolab indaga sulla capacità sorprendentemente utile degli esseri umani di mentire a se stessi in un episodio intitolato Deception.
(Traduzione di Bruna Tortorella)
Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.
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