Gli ci è voluto un po’ di tempo per rendersene conto e lo ha ammesso pubblicamente solo martedì 22 gennaio in una trasmissione televisiva del mattino.

“Stimo il Partito democratico (Pd). Berlusconi ha torto a dire che questo partito è comunista”, ha dichiarato Mario Monti. “La sinistra si è affrancata dal comunismo”. Nella serata, sempre in tv, il Professore faceva l’elogio di Pier Luigi Bersani, il leader del Pd e, se si deve dar credito ai sondaggi, il prossimo presidente del consiglio. “È il volto simpatico della sinistra e ha anche fatto delle cose valide”, diceva.

Ora, o Monti è stato troppo tempo lontano dall’Italia o sta cercando di fare il furbo.

Prima ipotesi: Monti è stato talmente occupato con le sue lezioni di economia, nel suo vecchio ruolo di commissario europeo e nella sua partecipazione attiva alle lobby liberali – Trilaterale, Bielderberg, Spinelli, Bruegel, Aspen Institute – per non parlare poi del suo ruolo di consulente alla Goldman Sachs, per rendersi conto che il Partito comunista italiano, fondato nel 1921 a Livorno da Antonio Gramsci, si è sciolto nel 1991 a Bologna.

Se vogliamo fare un paragone un po’ ardito, potremmo dire che i comunisti stanno al Pd come i gollisti all’Ump, una specie in via di estinzione.

Seconda ipotesi: Monti vuole elogiare Bersani per meglio indebolirlo, sulla base di una vecchia tattica politica. Rafforzando l’ipotesi di una compatibilità e di una possibile alleanza postelettorale, Monti mette in difficoltà gli elettori più di sinistra del Pd, che non vogliono un accordo del genere. Questi ultimi potrebbero essere tentati da un voto più radicale in favore della coalizione di Antonio Ingroia, Rivoluzione civile, o del Movimento 5 stelle. Una situazione che, sommata alla rimonta del Cavaliere nei sondaggi, potrebbe permettergli di giocare la sua carta nel caso, da non escludere, in cui la camera e il senato dovessero avere due maggioranze diverse.

Ma rimane anche una terza ipotesi. In un’altra delle sue apparizioni televisive (La Stampa ha dato conto di più di 60 ore di esposizione mediatica per il presidente del consiglio, subito dietro Berlusconi, segue molto più distaccato Bersani), Monti ha rivelato di aver votato per Berlusconi nel 1994.

All’epoca Berlusconi aveva giustificato la sua candidatura come una “diga contro un governo comunista in Italia”. E il Professore, come molti altri, ci aveva creduto. Oggi deve farlo dimenticare.

Su questo argomento si veda l’ottimo libro di Guillaume Delacroix, Le Mystère Mario Monti (Plon, Francia).

Traduzione di Andrea De Ritis

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