Il 25 febbraio, poco dopo essere stata scelta da 1.764 iscritti romani del Movimento 5 stelle (M5s) con una votazione online, Virginia Raggi, avvocata di 37 anni, si è presentata all’associazione della stampa estera per tenere la sua prima conferenza stampa in qualità di candidata a sindaco di Roma. Strana idea. Anche se hanno apprezzato il gesto, molti corrispondenti di stanza a Roma non ne hanno capito del tutto l’utilità.
Risposta della candidata: “Ho letto gli articoli che avete scritto sul degrado della città. Vogliamo rilanciare l’immagine di Roma all’estero. Roma non è solo sinonimo di Mafia capitale. Roma è stata stuprata dalla cattiva politica e dalla cattiva amministrazione. Con me saranno i romani a fare la politica, non i partiti”. Poco importa se questi romani hanno spesso dato l’impressione di essere corresponsabili, per non dire complici (o indifferenti nel migliore dei casi), della decadenza della Città eterna.
Replica di un collega tedesco: “Anche se alcuni di noi possono votare, in quanto cittadini europei, le nostre preferenze non faranno molta differenza”. Al che la sorprendente risposta di Raggi è stata: “Il consenso elettorale non ci interessa”. La candidata ha rettificato di fronte allo stupore provocato da questa dichiarazione: “Il Movimento 5 stelle non fa promesse impossibili da mantenere in cambio di voti”. Ma questo non le impedisce di farne quando ha esposto il suo programma fondato su tre pilastri: i trasporti pubblici, la raccolta dei rifiuti e la trasparenza.
Lapsus o goffaggine?
La dichiarazione della candidata verrà sicuramente utilizzata dai suoi avversari. È così che funziona. Goffaggine, candore da debuttante o lapsus che rivela un’irresistibile voglia di perdere? Di sicuro ricorda quella di una senatrice romana dell’M5s che qualche settimana fa, quando i sondaggi davano il movimento per favorito alle municipali e i suoi avversari faticavano a trovare un candidato accettabile, sosteneva che “c’è un complotto per farci vincere”.
Effettivamente i sindaci eletti con l’M5s hanno diversi problemi. Quello di Parma ha preso le distanze e rappresenta ormai una sorta d’opposizione interna a Beppe Grillo. Quello di Livorno suda sette camicie per imporre le sue riforme. Altrove i sindaci sono stati semplicemente fatti fuori poco dopo essere eletti. Auguriamo buona fortuna a Virginia Raggi. Se dovesse essere eletta, diventerebbe la prima donna sindaco della storia della città.
(Traduzione di Federico Ferrone)
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