1. Alessandro Magnanini, Secret lover (feat. Jenny B.)
Weekend a Cortina. Esplosioni orchestrali! Melodie nello splendore dei 32 mm! Una vocalist pronta a tutto! Emozioni a cascata! Nella migliore tradizione John Williams/Shirley Bassey, una perfetta canzone da film perduto di 007, opera di un chitarrista/autore/arrangiatore de noantri. Magnanini, già artefice di quella This is what you are fatta lievitare da Mario Biondi, si presenta come titolare di Someway still I do, un album di puro edonismo auditivo, ottimo per le lounge dei migliori rifugi alpini stile Carlo Rossella.
2. Mark Murphy, Stolen moments
Weekend a Rio (via Bari). La high society di Ipanema si divincola tra bianco e nero e sambe, mentre sull’hifi imperversa The modern sound of Nicola Conte, doppio cd prodotto e manipolato da Nicola Conte, jazzman pugliese. Si apre con questo grandioso standard (del 1960) di Oliver Nelson, interpretato dal cantante americano che (nel 1978) aggiunse le sue liriche. Conte seleziona e rielabora bene, consegnando sopraffine “versions in jazz dub” che sfilano via sinuose, come siluri da moquette pronti a diffondere magie notturne in salotto.
3. Mario Biondi, Winter in America
Weekend a Manhattan. La poesia soul-jazz di Gil Scott-Heron, capsula temporale dei primi anni settanta negli Usa, ripresa in mano, con sicurezza principesca, dal Barry White de noantri. Cambia la prospettiva: Scott-Heron cantava delle foreste sepolte sotto le superstrade, Biondi sembra più osservare l’inverno americano, cognacchino alla mano, dall’interno di una suite dell’Upper West Side. Per carità, va bene lo stesso: ma un po’ si spera che la sua bella, calda versione (dal nuovo album If, perfetto per i mesi freddi) faccia (ri)scoprire l’originale.
Internazionale, numero 825, 11 dicembre 2009
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