1. Quartiere coffee, Caffeine
Manovre roots in Maremma: una band grossetana che canta mezzo italiano mezzo patwa Kingston style va in gita newyorchese nei celebrati Sterling Studios sulla Tenth avenue. Sarà la professionalità dei sound engineer, sarà la loro bravura, sarà la qualità del fumo: ma ne escono alla grande, come “Italian reggae specialist” tutti dediti, nel loro nuovo VibraTown, alle liturgie dancehall, agli esercizi di stile nelle varie declinazioni della musica caraibica, al racconto collettivo di un popolo di sognatori e trafficanti, bashment e aperitivi delle venti.
2. Sig, Ghost stand (feat. Joy)
Un hip-hop al chiaro di luna, a base di meditazioni per pianoforte, ritmi appena sussurrati, felpate passeggiate parigine; una donna che rappa introversa in una nebbiolina sospesa da film noir. Fa genere a sé Freespeed sonata, il nuovo lavoro di Sig, losco figuro su cui si hanno poche notizie e incerte: un violoncellista, no un pianista, uscito dal conservatorio, ma anche fotografo e documentarista. Il culto del contorno incerto che si estende anche a questa sonata in rap minore lunga come una notte in bianco, e non meno ricca di suoni sospetti e fascinosi.
3. Cor Veleno, Anche più facile
Un pezzo buttato lì nel mucchio, in mezzo agli altri. Eppure ha qualcosa di suo, una o due note dolenti alla We used to vacation dei Cold War Kids, un saggio di sconforto freddo da tempi duri, con archi che punzecchiano nervi scoperti. Ormai è già da un bel pezzo che è uscito Buona pace, ultimo combattivo album di Primo e Squarta. Il tempo che fila via li ha levigati, erano la banda del trucido, ora hanno acquisito spessore, e sono delle voci narranti militanti, nelle cui corde ci sono tutte le sfumature dell’incazzatura.
Internazionale, numero 855, 16 luglio 2010
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