1. Talco, Punta Raisi
Uno ska-punk antimafia senza neanche la tromba di Roy Paci: da una band di Marghera che gira tra Ca’ Foscari e Berlino (in Germania l’etichetta indipendente Destiny ripubblica i loro ultimi due album), dimenandosi nel combattimento donchisciottesco contro le ingiustizie. Magari a Berlino pensano che Peppino Impastato sia un noto pizzaiolo, ma c’è quell’energia liberatoria che in fondo è universale: un’indignazione per procura, un’incazzatura, se non ballabile, almeno adatta a far muovere le gambe, e battere mani più o meno negre.
2. Brian Eno, Two forms of anger
Una rabbia fredda, lucida, esplode a metà di questa traccia, da Small craft on a milk sea, primo lavoro di Eno per la Warp. Elettronica sperimentale tra Philip Glass e i Massive Attack, ambient trance fatta con pezzi di colonne sonore disassemblate e rimontate; drum patterns astratte e complicate, con rumori di origine incerta, la chitarra di Leo Abrahams che entra a gamba tesa quando il gioco si fa troppo ordinato. Quando non applica le sue formule a scombinare la prevedibilità altrui (Coldplay o U2) Eno produce le visioni sonore più nitide.
3 Bimbo, Il disfattista
“Ma finalmente ho capito chi sono / mentre il pistacchio mettevo in un cono”. Vita agra di un livornese a spasso tra militanza, disillusioni e la capacità di conservare tutti i sapori in un pop opaco con raucedine prematura da urlatore vintage. Un pesce che sa di carne, uno scorfano che si ribella al cacciucco; una voce, quella di Simone Soldani, qui al suo debutto solista con l’album Bugie per asini, che non capisce “come si possa per un pelo svanire”. Qualcosa resterà; qualche piccola canzone sapida e pungente come una spina nella zuppa di pesce.
Internazionale, numero 869, 22 ottobre 2010
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