1. Le luci della centrale elettrica, Le ragazze kamikaze
Alberghi appena costruiti che coprono i tramonti, bici rubate dipinte di verde militare, fuoristrada che s’incastrano nei vicoli. E ovviamente, ragazze kamikaze. Nessun “generatore automatico di frasi di Vasco Brondi” può creare questo genere di cronache da una civiltà del sottoscala. Le derive della realtà cantate dal ferrarese nel suo ultimo lavoro sono più plausibili a ogni nuovo ascolto. È un mondo immaginario di umore color antracite, musicalmente monocorde, meticolosamente squallido; ma almeno, è un mondo poetico.
**2. Svetlanas,* Siberian Girl***
Vodka sciacquata giù con spratti affumicati di Kiel (o Kiev?) consumati su uno strapuntino della transiberiana; brevi epifanie punk rock con accento sovietico/nostalgico; una cantante col pancione al sesto mese e più energia di una centrale idroelettrica sul Volga. Sono le Svetlanas, con il loro album di 22 minuti e una grezza simpatia che in questo pezzo fa sognare un’insurrezione di girl power contro i vecchi “pathetic impotent pederasky” che imbottiti di Viagra vagano nottetempo alla ricerca di escort, festini e minorenni da plagiare.
3. Fabio Barovero, Requiem in samba
Fu il fondatore dei Mau Mau, intesi non come insurrezionalisti keniani ma come band da patchanka piemontese/camerunese dei primi anni novanta; ora gira per cinema e teatri collaborando a vari progetti come scenografo delle sonorità. Ma chi si trova bene in ambienti di elettronica rarefazione farebbe bene a frequentare Sweet limbo, il nuovo album in cui raccoglie frammenti del suo lavorìo recente. Cose da ipnosi, e una vaga “sensazione di procedere verso la morte ineluttabile, sì, ma almeno gioiosamente”. Un bunga bunga più concettuale.
Internazionale, numero 871, 5 novembre 2010
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