1. [Ila Rosso][1], Irpinia La terra trema trema e ci si abitua, un poco alla volta: un occhio alle notizie, un tweet equo e solidale, un sms al 45500 e un post promozionale del Parmigiano a ogni scossa di assestamento. Il terremoto diventa un format, l’Emilia una striscia quotidiana, e vallo a dire a chi sta in tenda. Anche che viene in mente un pezzo dall’album Bellapresenza, uscito qualche mese fa: un andamento alla Eleanor Rigby, memorie amare e la voce da neo-Faber torinese per il sisma e il suo sciame di abusi italiani. Ehi, però è uno bravo e quando gli va sa anche sorridere.
2. [Ottavo Richter][2], Bradipo missile Forse, col sisma di poi, era meglio non scomodare la magnitudo per una tuba turbo che duella colla chitarrina saputella; non spendersi così un nome da scienziati per fare la band da cresime e funerali milanesi, con il corredino di oculisti in amore e tutta una titolistica televisiva color yogurt a smuovere il terreno solido della formazione accademico/jazzistica. Ma fuori dalla contemporaneità non si naufraga, e l’album Una bella serata è il cocktail offerto dalla cordiale orchestrina sul ponte di una nave da crociera che non fa inchini al trend.
3. [Peter Cincotti][3], Metropolis Che senso ha girare per città distrutte alla ricerca di un nuovo Billy Joel tra le macerie dell’easy listening maturo, tirato a lucido, rassicurante proprio della ricca produzione di radiofonico rock Usa dei primi anni ottanta. In genere sono delle band francesi a dedicarsi a simili esercizi di stile, e finiscono sulle riviste di moda e nelle colonne sonore di Sofia Coppola. Gli altri finiscono fuori tempo. Cincotti chissà; faceva il crooner jazz da una vita, e con quest’album cambia canale, animato forse dalla speme di ritrovarsi in uno spot di berlina tedesca.
Ascolta “Sciame demodé”, la nuova playlist di Pier Andrea Canei.
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Internazionale, numero 952, 8 giugno 2012
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