1. Dexys, I’m always going to love you
A certa gente vengono i lucciconi a ripensare a Mick Talbot, il tastierista dandy degli Style Council, a quando andava in bici e sfoggiava trench e mocassini senza calze: una liberazione maschile. Ora il nostromo dell’Hammond è tornato al timone della band di Kevin Rowland, monologantante cult che riprende (nel nuovo album One day I’m going to soar) i suoi discorsi interrotti 27 anni fa, usa canzoni come confessionali stylish e duetta con cantanti importune (come Madeleine Hyland, proveniente dalla Londra burlesque).
**2. Paolo Serazzi,* I shall be released***
Sbarazzarsi di tutti gli impegni possibili, abbandonarsi alla narcolessia da vacanza, mantenere un rapporto di cordiale antipatia con la musica. E poi sorprendersi. Un emulatore di Paolo Conte che canta i Wall Of Voodoo? Una versione cocktail piano di My Sharona? E Carmel, la deliziosa cantante eighties (More, more, more) che canta Bob Dylan sull’album? Una leggerezza jazz che zompetta tra Police, Jimi Hendrix e i Doors come standard? L’album s’intitola Skin (Serazzi & the detectives) ed è tra le cose italiane convincenti degli ultimi mesi.
3. Still Leven, Possession
Quando una band fa dire di sé “tamarrumi new wave”? Un trio di randagi da Genova un po’ gatti che spippolano e si piacciono, a cui piace suonare inglesi e anni ottanta, un po’ costipati, con una voce micia e gelidi elettroni a dominare emozioni che s’immaginano forti ma contenute, a tutti i costi, senz’altra soluzione che la convinzione. Ma in Liguria sono arrivate altre ondate, dopo i New Order? O le mareggiate son rimaste pallide e assorte come il meriggiare a Manchester? Hanno fuori un nuovo album, Cases of bluntness, con la label britannica Pronoia.
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