1. Menomena, Skintercourse

Da adottare subito questi tre trovatelli assemblati a Portland, che (par di capire) a malapena si sopportano a vicenda, senza un leader, imbizzarriti e umorali (incidono la musica separatamente e al limite si parlano al cellulare) e mille miglia meno prevedibili della media. Il nuovo album, Moms, va ascoltato tutto, una canzone via l’altra con ritmi dispari, pianoforti da bordello, sventagliate di chitarra elettrica, memorabili refrain di risentimento e conflitti con le madri: l’indie rock destrutturato a puntino da tre giovani Werther, formato famiglia disfunzionale.

2. Le Capre a Sonagli, La capra e il bastone

È bio-logico: Sadicapra è il titolo dell’album (registrato a Capriolo) di questa band transumata dall’onesto italo-indie rock di medio corso (si facevano chiamare Mercuryo Cromo e aprivano i concerti degli Afterhours) a più personali e desertici pascoli lo-fi, chitarre menomate, voci impastate dalla polvere e dal pecorino. Sono capre da tempi duri, che graffiano, sbevazzano nei saloon e magari hanno pure la rabbia: ma coltivano una loro identità grezza e suonano la loro cosa a testa bassa, fuori dal gregge, mica come le pecorelle e gli agnelli.

3. Ricchi e Poveri, Mamma Maria!

Non è questione di kitsch/trash/cult; Mamma Maria è la nostra Mamma mia! E dagli Abba italiani potrebbero imparare molto le giovani band con molta attitude e poche idee (che confusione). Capire da Sotgiu, Gatti e Brambati (e dagli autori prediletti, Cristiano Minellono e Dario Farina) come si costruisce un canzoniere. Procurarsi Perdutamente amore, l’ultima compilation, ed esercitarsi su intrecci a orologeria, ganci made in Italy, liriche iconiche. Sotto la crosta di melassa e di sintetici arrangiamenti eighties c’è una sapienza pop che spacca.

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