1. Lilies on Mars, Oceanic landscape
Franco Battiato assessore non era mai sembrata una buona idea; meglio lontano dall’europarlamento e con le due chitarriste sarde di fiducia, corrispondenti dalla scena psych di Londra, autrici di un nuovo album (Dot to dot) di musiche interstellar e underwater. Come questa Landscape in cui, con la zavorra della sua voce iconica, ancora liriche ellittiche e incerte (sorta di metafisico Baby if you give it to me I’ll give it to you, I know what you want); e par di sentirlo dietro le quinte, vate che sussurra di microfrequenze alle donne e ha cura di loro.
2. Los Massadores, Vaticano 2.0
“Mando sms ordino le sante messe vardo a via crucis su YouTube el rosario su l’iPhone son un devoto a modo mio su Facebook so’ amico de Dio”. Pia parodia, ma è talmente garbata che sembra vero inno canonico per Francesco & co, ai tempi in cui i papi benedicono le folle via twitter. Questa band della marca trevigiana di nome fa “ammazzamaiali” ma è buona, e tra sagre di paese e soundcloud coltiva vernacolo e sguardo curioso sul presente. L’album, Crisi e bisi, è un indubbio prosecco da ciacole nei bacari della musica.
3. Sinéad O’Connor, 4th & Vine
E lei, instabile irlandese dalla noncomparabile voce, torna alleggerita in Italia, il 7 aprile a Roma (dopo tappa veneziana, e con sestetto acustico al seguito) da chissà che infinite vie crucis, e stavolta (lei, che bruciava foto di papi e risulta ancor oggi antivaticanista) è diretta alla chiesa e all’altare, a cinguettare un amore e forse la voglia di vivere tutta col nuovo album, How about I be me (and you be you)?; ed è un pezzo profondamente leggero questo suo, e quanto a remise en forme primaverile vale tutto lo yogurt e lo zumba del mondo.
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