1. Remo Anzovino, Tabù

Sembra la sigla di testa di un talk show ideale, come se Ballarò si popolasse all’improvviso di politici dall’eloquio elegante come il fluente pianismo di Anzovino, Vivo come l’album inciso all’Auditorium di Roma con un quartetto in palla e due inediti tra cui un omaggio non retorico a Buster Keaton, e un omaggio in più all’ascoltatore sottoforma di dvd con un concerto al Vajont; e poi i mugolii eterei del theremin di Vincenzo Vasi e, insomma, è una cosa che brulica non del solito strimpellio del piano­man di grido con i polpastrelli nell’ombelico.

2. The sleeping tree, Jah guide

È una storia rastafariana di fede e di bisogno di guida, ma è anche una gran bella ballata, di quelle che cullano e confortano, e anche se l’inglese è così così non c’è nessuna Redemption da scimmiottare, è uno sforzo genuino e apprezzabile. L’albero dormiente è il furlan Giulio Frausin, bassista dei reggae star italici Mellow Mood, e qui nel nuovo album Painless offre un arpeggio semplice, sparute percussioni e qualche borbottio elettronico di sottofondo (un po’ alla Tunng, che si ricordano con affetto) ed è una semplicità che premia un animo sensibile.

3. Una, Non è colpa delle rose

Se interrompono le cene dei bianchi? Se non hanno mai visto un giardino? Sguardi diffidenti di questo occidente? Non è colpa di Marzia Stano alias Una, ma la retorica qui è un poco flebile, quasi tenera nel voler annaffiare di colpa le cene di una società immiserita. Musicalmente è però una lamentatio sudista ben strutturata, e in un certo qual modo è il pezzo che meglio rappresenta Puglia Sounds 2013, bella compilation sull’ultimo XL che forse era l’ultimo davvero, e questo rattrista, e non ci si può far niente, non è colpa delle rose e nemmeno dei radical chic.

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