1. Olga Bell, Kamchatka Krai

Magari le forze di occupazione dell’armata rossa ci assilleranno con il pop russo fresco d’importazione, per il momento eccoci ammaliati da una campionessa d’avanguardia che canta solo in russo. Nata a Mosca, cresciuta in Alaska, residente a Brooklyn, ex bimba prodigio e una mamma speaker della radio moscovita. Con cui ha composto nove canzoni del suo nuovo album, ciascuna dedicata a un territorio di confine. Facendo, tra filtri e sovraincisioni, un fascinoso coro polifonico: filastrocche elegie, canti cosacchi e poderosi tamburi.

2. Rocky Wood, Blind Hawaii

Da un pianeta un po’ più vicino, un Canton Ticino con venature country, ecco un quintetto da ballate contemplative, in deserti dell’immaginazione o sul lago di Comabbio poco importa. Nell’album Shimmer (per la indie label Sangue Disken) la cantante Romina Kalsi, con la sua voce senza trucco né parrucco (tranne un pizzico di graffio sussurrato alla Sade), si adagia su arpeggi di calda ancorché rodata musicalità, ed è come un viaggio in treno tra laghi e foreste che abbiamo piacere di ritrovare. Musica così, come respiro verde.

3. Damon Albarn, Mr. Tembo

È una canzone dedicata a un elefantino che l’ex cantante dei Blur incontrò un giorno in Tanzania. È una trouvaille così, immersa nel suo nuovo album, il primo a suo nome, ed è un inno al ritrovarsi in un luogo dove non avevi messo in conto di stare, e farselo andare bene, e tirarne fuori qualcosa di significativo almeno per te. È un po’ il fotosafari del percorso di Albarn, uno che poteva fare il portabandiera ma che ama starsene per i cavoli suoi e fare quello che gli va, ed è solo così che gli vengono canzoni come questa, che non vengono a nessun altro.

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