1. Olden, Senatore Bailey
È un remake di C’era una volta in America di Sergio Leone, sotto forma di canzone alla Francesco De Gregori (pre Checco Zalone, meno buonumore), e sussurra il titolo al secondo album del cantautore perugino residente a Barcellona: Sono andato a letto presto (ehi era la risposta di Noodles De Niro, tornato dal nulla, alla domanda: “E cosa hai fatto in tutti questi anni?”). A parte i prestiti cineletterari di spessore (e il chitarrista di Guccini, e il violinista dei Nomadi), questa è una voce vera, ben strutturata, con riflessi rossi e retrogusto di Tenco.

2. Diodato, Arrivederci
Tenco. Mogol. Lauzi. Pao­li. Bindi. Endrigo. Modugno e Dalla e Bardotti e Bigazzi e tutti gli altri artefici della chanson italica anni sessanta, quando ancora Sanremo era una cosa di gran classe e partoriva brividi, tipo Ritornerai, Se stasera sono qui, Senza fine. Emozioni raccolte da Diodato, classe 1981, in versioni garbate e sottotraccia, con qualche superospite (Manuel Agnelli, Roy Paci) in un album dal titolo programmatico: A ritrovar bellezza. Che una voce così tenue, e quasi fragile, fa risaltare la forza di melodie e parole più di un’ugola da acrobata.

3. Lettera 22, Continentale
Il mare d’inverno visto da Recanati, a metà strada tra Leopardi e i Pooh, per la band marchigiana intitolata all’antenata della Olivetti che prende la musica come nobile dopolavorismo (album: Le nostre domeniche) e si muove un poco come certe vecchie band britanniche (i Deacon Blue?) che teletrasportavano malinconie universali da posti tipo Glas­gow. Come qui le armonie vocali e, forse, il rumore di una mosca che cerca l’uscita sulla vetrata di un ristorante chiuso sul litorale adriatico, e intanto il meteo cupo rende incerto il confine tra acqua e aria.

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Questo articolo è stato pubblicato il 5 dicembre 2014 a pagina 98 di Internazionale, con il titolo “Italinconia”. Compra questo numero | Abbonati

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