1. Riva, La pensione
Cosa hai fatto dopo una vita a lavorare? Comprato casa al mare. Cominciato a invecchiare. Iniziato a stare male. “Sono morto, che potevo fare”. Montaggio veloce sugli anni del crepuscolo in forma di interrogatorio blues, domanda solista, risposte corali. Alla fine c’è un contrasto polemico con i parlamentari dal vitalizio facile; ma il punto non è questo. Le nostre vacanze sono finite, album d’esordio della band napoletana, ha un’interessante piglio pop/crepuscolare, parla con leggerezza di tragiche commedie della vita, di stupidi e vecchi, di bellezza del pianto.
2. Lorenzo Palmeri, Gli anelli di Saturno
Siamo davvero in grado di scegliere? Una prospettiva interstellare per trovare alternative alla vita sulla terra è un’opzione più poetica che pratica, ma qui è esplorata in maniera interessante, con un tiro un po’ new wave, e la voce del designer-architetto-cantante (già artefice della chitarra preferita di Lou Reed) che si fabbrica da sé i suoi progetti pop. Come Erbamatta, album prodotto con l’ausilio di superconsulenti come Franco Battiato, Saturnino o Francesco Pacifico, con annessa ambizione di diffondere piccole spore di creatività nel mondo.
3. OneRepublic, I lived
Ma perché non l’hanno manco nominata a un misero Grammy, questa anacronistica band americana? Qui c’è una canzone spettacolare, un’ossessione radiofonica, un inno da campagne benefiche che strappa emozioni come fossero erbette sul balcone, e quando dice “hope that you fall in love / and it hurts so bad” viene la pelle d’oca, e anche di rispondere: tiè! E forse non a tutti viene da giurare “ho vissuto” con ogni osso rotto, ma non è altro che la magia del puro pop motivazionale che si manifesta in un potente sensorround da stadio.
Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2015 a pagina 112 di Internazionale, con il titolo “Giri di vita”. Compra questo numero | Abbonati
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