1. Sacri Cuori, Dancing on the other side of town
Un ultimo ballo con le ascendenze felliniano-morricon-tarantin-lynchiane, musica da basetta e Biancosarti, da fronti sudaticce e pistoleri infingardi, con questi stilemi lounge da poltrone di velluto scaduto, da torrido pomeriggio di sergenti Gainsbourg. È, quest’ultimo album Delone della band romagnola che strimpella con gente come Evan Lurie o Marc Ribot, un culmine poetico per la nicchia derivativa dell’art rock noir western traction avant senza filtro. Un luogo davvero affascinante e losco, come spesso i vicoli ciechi.
2. Lorenzo Fragiacomo, Quando si addormenta il mare
Esercizi di memoria per capire da dove arriva Kobal, questo bel cd atmosferico (con degli stoccafissi in copertina?) come un piano bar di Trieste, serrande abbassate, vento d’ordinanza fuori e il pianista dentro che soffia cose nel microfono ed è il primo ad agitarsi. Con questa lounge music crepuscolare, insonne, attraversata da reminiscenze cupe (la cover di Suicide is painless), questo anarcoide pianismo autoprodotto e autopromosso malgré lui, be’: molto vicoli Lynch in cui ci si ritrova volentieri, dopo il tramonto.
3. Slick Steve & the Gangsters, Hollywood fever
Per chi il suo rock ’n’ roll lo vuole bello Tarantino-tarantolato, “we got smelly pussy!”: ecco il chitarrista indiavolato Stephen Hogan, inglesino gardesano con la sua band di malviventi prestati al clangore metallico di uno swing primitivo. Con uno della gang di Capossela (Alessandro “Asso” Stefana, anche con i Guano Padano) e una distesa di nottatacce tutte da afferrare per i capelli imbrillantinati in un album, On parade, che lascia presagire i live al fulmicotone di una band ottima per la festa nuziale del vostro capoclan di fiducia.
Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2015 a pagina 92 di Internazionale, con il titolo “Vicolo Lynch”. Compra questo numero | Abbonati
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