1. Ciulla, Mamma, ho perso lo stereo
Fuga da Lucca a Pisa nel 1997 (“20 km che sembrano 107” nella geografia della percezione), causa divorzio (tra madre pittrice e padre regista) subìto da un seienne; poi, un’adolescenza che si srotola, e “ti odio, Peter Pan”; autoritratto dell’artista da cucciolo, tra sfide giganti (studiare musica per film al Centro sperimentale di Roma; riconciliarsi con il proprio cognome da universitario a Bologna), e crescere “tra Prodi, Pannella e Brunori Sas”. Tanta roba, e anche personale; ordinario caos della vita che genera un pezzo buffo e toccante.

2. Brunella Selo, Ciccibacco
In 43 minuti da Napoli a Rio de Janeiro e ritorno, via Bacoli e Salvador de Bahia; musicalità solare, acustica; mandolino e percussioni; e saudade, samba, schiavitù, nell’album Terre del finimondo. Un Vesuviagem in napoletano e portoghese dove s’imbarcano, a vario titolo, la poesia di Chico Buarque de Hollanda (Sinhá) e il flauto di Daniele Sepe (Nasco ddoje vote), e dove un bozzetto da vicoli napoletani, tracciato a parole dal poeta partenopeo Alessio Sollo, può sfociare in un chorinho carioca. Tutto il mondo è quartiere.

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3. Chris Obehi, Cu ti lu dissi
Cinque mesi dalla Nigeria alla Sicilia, con sosta in galera libica e traversata mediterranea; nel 2015 Chris Obehi, minorenne, già bassista e pianista in chiese gospel, approda a Palermo. Scopre Rosa Balistreri e ne canta per strada le ballate strappacuore: lu cori mi scricchia, e a picca a picca a picca trova un nuovo pubblico, un bravo produttore, Fabio Rizzo, e un’etichetta (la 800A). Obehi è il suo primo album, in inglese, italiano, siculo e dialetti esan, da ventiduenne che si porta dietro la sua odissea con leggerezza afrobeat-cantautoreggae.

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Questo articolo è uscito sul numero 1368 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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