La sfida dell’estrema destra tedesca a Chemnitz
La presenza di braccia tese e slogan nazionalisti per le strade di una città tedesca non è mai un fatto insignificante. Ma quello che accade da otto giorni nella città di Chemnitz, nell’est della Germania, dopo l’omicidio di un uomo per cui sono stati arrestati due immigrati, supera il folklore nauseabondo di pochi nostalgici del terzo Reich emerso in passato in questa regione.
A Chemnitz migliaia di persone sono scese in piazza, ci sono state cacce all’uomo contro gli immigrati, forze di polizia sopraffatte e minate dall’interno, e scontri con chi manifestava contro la destra radicale. Ma soprattutto abbiamo assistito all’unificazione di tutte le tendenze dell’estrema destra tedesca contro la politica migratoria della cancelliera Angela Merkel. Tra le forze che hanno partecipato alle proteste c’è anche Alternative für Deutschland (AfD), entrata in parlamento l’anno scorso.
In questi ultimi giorni, a Chemnitz, è saltata una diga. L’estrema destra sta radicalizzando ancora di più la sua retorica, incoraggiata dai sondaggi che la danno in forte crescita. Una crescita che sarà confermata alle elezioni regionali in Baviera il mese prossimo, dove gli estremisti stanno mettendo sotto pressione i cristiano-sociali bavaresi, partner di governo di Angela Merkel.
Questa epidemia continua a cozzare contro i fatti. È vero, la Germania ha accolto un numero record di migranti nel 2015 – circa un milione – ma da allora queste cifre si sono sensibilmente ridotte. Il paese non è né in difficoltà economiche né ha reali problemi di sicurezza. Eppure oggi la società tedesca è spaccata sul tema dell’immigrazione, al punto da cancellare alcuni tabù storici.
Il fenomeno, evidentemente, non riguarda soltanto la Germania. Dopo che a marzo l’Italia ha assistito alla nascita di un governo nazionalista-populista, la Svezia vivrà domenica prossima elezioni legislative che, stando ai sondaggi, segneranno un grande successo dei Democratici di Svezia (Ds), partito di estrema destra. La Svezia è il paese che, insieme alla Germania, ha accolto il maggior numero di profughi nel 2015, più di tutti gli altri paesi europei. Ma in Svezia la disoccupazione è ancora più bassa rispetto alla Germania, la crescita è sostenuta e la sicurezza diffusa.
Il malessere identitario, di cui la crisi migratoria è più un sintomo che una causa, dev’essere trattato come tale. La rinascita delle ideologie che in passato hanno seminato l’odio e la guerra provoca una contromobilitazione. È stato lanciato un appello a riunire cinque milioni di europei a Berlino il prossimo 12 ottobre.
Ma tutto questo non basta se non cerchiamo di comprendere e di rispondere alle paure identitarie e alla sensazione di ingiustizia che hanno spinto interi settori della nostra società, praticamente ovunque in Europa, a cedere alle sirene dell’estrema destra, uomini e donne che non sono più sicuri del loro posto nella società al punto da considerare l’altro come una minaccia. Il messaggio di Chemnitz è il segno di un fallimento politico.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questa rubrica è uscita su France Inter.
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