Donald Trump lo aveva già anticipato durante la campagna elettorale del 2016, quando affermava che l’esercito americano avrebbe smesso di combattere dove non avrebbe dovuto. Eppure, dopo la sua decisione della scorsa settimana di ritirare i duemila soldati americani dalla Siria, le reazioni sono state durissime. Dopo le dimissioni del ministro della difesa Jim Mattis e quelle del rappresentante americano per la lotta contro il gruppo Stato islamico Brett McGurk, sono arrivate le pesanti critiche del presidente francese Emmanuel Macron, in visita alle truppe francesi in Ciad.

Donald Trump non aveva previsto che ci sarebbe stata una reazione globale così forte. Il 23 dicembre il presidente si è vendicato e ha sostituito Mattis al ministero della difesa a partire dal primo gennaio, nonostante il generale avesse annunciato l’intenzione di lasciare l’incarico a febbraio. A questo punto Emmanuel Macron farebbe meglio a tenere d’occhio il profilo Twitter del presidente americano. Evidentemente il problema non è il ritiro delle truppe americane da un teatro di guerra lontano. Durante la sua campagna elettorale, Macron aveva fatto un discorso molto vicino a quello di Donald Trump a proposito degli interventi militari all’estero, criticando quelli in Iraq e in Libia che hanno alimentato il caos quando avrebbero dovuto favorire la democrazia.

Quali garanzie?
Il motivo delle critiche di Macron al presidente americano è la modalità della decisione, il momento scelto per il ritiro, le sue conseguenze e soprattuto la mancanza di lealtà nei confronti degli alleati. Ritroviamo lo stesso ragionamento sia nella lettera di dimissioni del generale Mattis sia nella dichiarazione di Emmanuel Macron. Nella sua lettera, Mattis usa sei volte la parola “alleanza” o “alleato” e chiede che gli alleati degli Stati Uniti vengano trattati con rispetto, mentre il presidente francese ha dichiarato nella sua risposta a Trump che “un alleato dev’essere affidabile”.

Nel caso della Siria, il nocciolo della questione è il destino degli alleati curdi degli Stati Uniti, fondamentali nella lotta contro lo Stato islamico e abbandonati da Donald Trump davanti alla minaccia dei turchi. Più in generale, riprendendo le parole di Macron, è l’affidabilità degli Stati Uniti a essere chiamata in causa. È lo stesso interrogativo che sembra porsi il premier israeliano Benjamin Netanyahu, finora alleato fedele di Trump. Il primo ministro israeliano ha infatti tentato invano di opporsi al ritiro delle truppe americane, che lascia campo libero all’Iran in Siria.

Lo stesso interrogativo devono porselo i polacchi “trumpisti” pronti a proporre la creazione (e il finanziamento) di una base militare americana permanente in Polonia chiamata “Fort Trump”. Quante garanzie offre un presidente così inaffidabile? Emmanuel Macron approfitta della situazione per rivolgere la domanda agli europei. I curdi hanno già la risposta.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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