Al centro delle preoccupazioni per la deriva “illiberale” di molti paesi dell’Europa centrale e orientale c’è l’indipendenza della magistratura, rimessa in discussione da tutti quelli che vorrebbero indebolire i contropoteri. Eppure, a volte, questi paesi resistono, dimostrando che non c’è nulla di inesorabile nell’indebolimento della democrazia.

La Romania è un esempio eclatante. Dal 27 maggio Liviu Dragnea, onnipotente capo del Partito socialdemocratico romeno e presidente dell’assemblea nazionale, è in prigione. Dragnea ha cominciato a scontare una condanna di tre anni e mezzo dopo la conferma da parte della corte suprema.

La notizia è stata accolta da urla di gioia per le strade di Bucarest, anche perché i romeni erano convinti che Dragnea sarebbe riuscito a sfuggire al carcere. Ora invece rischia di restarci per qualche anno. Condannato per abuso d’ufficio, Dragnea deve affrontare altre accuse, tra cui quella grave di appropriazione indebita di fondi pubblici dopo un’indagine dell’ufficio europeo antifrode.

Pressioni democratiche
La decisione della corte suprema è arrivata all’indomani di un doppio voto in Romania: da una parte le elezioni europee, che hanno segnato il crollo del Partito socialdemocratico (che ha perso il 13 per cento), dall’altra un referendum organizzato su iniziativa del presidente Klaus Iohannis per ostacolare il tentativo del governo di indebolire la lotta contro la corruzione. In questo scontro interno, l’80 per cento dei votanti si è schierato dalla parte di Iohannis e contro il governo.

Questi eventi dimostrano che la resistenza romena (con grandi manifestazioni contro la corruzione) e le pressioni dell’Europa hanno permesso di salvare lo stato di diritto. Fino a poco tempo fa la Romania poteva sembrare un caso disperato, presa in ostaggio da un partito politico che si rifà alla socialdemocrazia ma con evidenti tendenze mafiose. Liviu Dragnea pensava di essere più forte della giustizia. Si sbagliava.

“Questo referendum l’ha vinto la Romania europea”, ha detto il presidente Iohannis

L’Europa ha sicuramente ricoperto un ruolo importante in questa vicenda. La commissione europea aveva ammonito più volte il governo (e in particolare Dragnea) a proposito dei suoi progetti per ostacolare la battaglia contro la corruzione. Non dobbiamo dimenticare che al momento la Romania ricopre la presidenza di turno dell’Unione e che la sua immagine intaccata dagli scandali era fonte di imbarazzo.

“Questo referendum l’ha vinto la Romania europea”, ha dichiarato il presidente Iohannis. “Ora viviamo in un paese dove i ladri sono in carcere e non alla guida dello stato”.

La vicenda comporterà inevitabilmente la caduta in disgrazia di un partito su cui il gruppo socialdemocratico al parlamento europeo ha chiuso gli occhi per troppo tempo. Chi ha detto che in politica non esiste la morale?

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it