Davvero la Cina uscirà rafforzata dalla crisi del coronavirus? La domanda potrebbe sorprendere, ma non è assurda. Pechino, infatti, ha rimesso in moto la sua macchina economica, ferma ormai da sei settimane.

Il governo cinese non ha ancora cantato vittoria nella sua battaglia contro l’epidemia, ma le cifre ufficiali sono incoraggianti. Al momento il conto dei nuovi casi fuori della regione di Wuhan, epicentro dell’epidemia, è quasi fermo. Anche a Wuhan gli ospedali costruiti per l’emergenza stanno cominciando a chiudere.

La prudenza resta d’obbligo, anche perché la Cina non è al sicuro dal rischio di nuovi focolai in caso di ripresa troppo rapida della circolazione delle persone. Inoltre esiste la possibilità di un ritorno del virus, come già accaduto con i viaggiatori provenienti dall’Italia e dall’Iran.

Rimettere in moto la macchina
Tuttavia la ripresa è evidente, e mette il governo cinese davanti a una doppia sfida: come ritrovare il cammino della crescita dopo questo terribile vuoto d’aria? E come uscire politicamente rafforzati da quella che è stata una dura prova anche per le autorità?

Tutti gli indicatori lasciano pensare che Pechino si stia impegnando per rilanciare la macchina economica cinese, in merito sia all’esportazione sia al consumo interno. Alcune regioni industriali, come la provincia del Guangdong, sono state poco coinvolte dall’epidemia, ma sarà necessario far rientrare la manodopera senza esporsi al rischio di contaminazione.

Mentre il resto del mondo continua a sprofondare nell’epidemia e nella conseguente crisi economica, rischia di rafforzarsi il ruolo della Cina

Un altro segnale significativo è dato dal fatto che il trasportatore marittimo francese Cma-Cgm ha annunciato che le sue navi portacontainer ricominceranno ad attraccare nei porti cinesi, e ha previsto un ritorno alla normalità dell’attività entro la fine di marzo.

Questa ripresa, proprio mentre il resto del mondo continua a sprofondare nell’epidemia e nella conseguente crisi economica, rischia di rafforzare il ruolo della Cina nell’economia mondiale. A questo punto qualsiasi discorso sulla de-globalizzazione potrebbe scontrarsi con bisogni che solo la Cina sarà in grado di soddisfare.

Il governo cinese, con le tasche ancora piene e una macchina statale autoritaria, ha tutti i mezzi per imporre una ripresa accelerata, come già accaduto in occasione della crisi del 2008, da cui la Cina è uscita ingigantita.

Pechino ha avviato una vasta campagna di propaganda per convincere la popolazione (e il resto del mondo) della superiorità del suo modello autoritario, illustrato dall’epica battaglia contro il coronavirus. Così facendo il governo vorrebbe anche far dimenticare le menzogne iniziali, che hanno scatenato la collera dei cinesi davanti alla morte del medico Li Wenliang, il primo a dare l’allarme.

I leader cinesi potrebbero, però, aver affrettato i tempi: quando il segretario del partito comunista di Wuhan ha dichiarato che bisogna “educare” gli abitanti della città affinché ringrazino il presidente Xi Jinping, è stato duramente criticato sui social network, segno che la ferita è ancora aperta.

Ciò non toglie che per Xi la possibilità di uscire per primo dalla crisi del coronavirus rappresenti un’opportunità politica, che potrebbe permettergli di presentarsi come salvatore della Cina e del mondo. Uno scenario paradossale che fino a poche settimane fa sembrava impensabile.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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