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Il ragazzo bianco con il fucile avvera l’incubo americano

Un gruppo di manifestanti dopo gli omicidi compiuti da Kyle Rittenhouse a Kenosha, nel Wisconsin, 26 agosto 2020. (Brandon Bell, Getty Images)

L’estate è cominciata a Minneapolis con la morte di George Floyd e la conseguente esplosione della collera. La stagione si conclude a Kenosha, in Wisconsin, dove un altro afroamericano, Jacob Blake, è stato gravemente ferito da un poliziotto bianco che gli ha sparato alle spalle. Anche questa scena, immortalata da una videocamera, ha prodotto un’ondata di rabbia.

La differenza tra le due tragedie la fanno i due morti durante la rivolta nera: due persone uccise da colpi sparati non dagli agenti di polizia ma da un giovane bianco di 17 anni di nome Kyle Rittenhouse. Il ragazzo è arrivato a Kenosha da una città vicina, armato con un fucile d’assalto, e si è unito ad altri banchi che avevano formato una pseudomilizia per affrontare i manifestanti.

Rittenhouse, giovane dal viso infantile, è stato ripreso pochi minuti dopo aver aperto il fuoco, mentre camminava verso la polizia con le mani in alto e il fucile a tracolla. Eppure non è stato arrestato e non è stato interrogato fino al mattino seguente, in casa sua, prima di essere accusato di omicidio. La stessa polizia che ha sparato a Jacob Blake perché pensava che avesse con sé un coltello ha tranquillamente lasciato passare Rittenhouse e il suo fucile d’assalto. Questa è la sintesi della crisi di fiducia che ha colpito gli Stati Uniti.

Più chiavi di lettura
Presto è emerso che il ragazzo aveva simpatie di estrema destra e aveva pubblicato una foto della sua partecipazione a un raduno elettorale di Donald Trump. A poco più di due mesi dalle presidenziali, tutto è inevitabilmente interpretato in termini elettorali.

In questo paese sempre più diviso, ogni schieramento ha la sua chiave di lettura. I sostenitori di Trump vogliono proteggere il loro candidato e pongono l’accento sulla violenza della rivolta, mentre la comunità nera e i democratici denunciano il clima di violenza di cui gli Stati Uniti non riescono a liberarsi e di cui Joe Biden ha fatto un caposaldo della propria campagna, in nome della compassione.

Trump coltiva questa ambiguità nei confronti dell’estrema destra, che di conseguenza si sente rassicurata

Ma questo giovane bianco di 17 anni, che si è arrogato il diritto di sparare sulla folla, aggiunge un elemento inquietante all’equazione. Prima di tutto perché molti statunitensi, a questo punto, sottolineano la responsabilità morale di Trump.

Nel momento culminante delle violenze seguite all’omicidio di George Floyd, il presidente aveva scritto su Twitter: “When the looting starts, the shooting starts”, “quando cominciano i saccheggi, si comincia a sparare”. Una minaccia chiara e precisa, che in un certo senso Kyle Rittenhouse ha messo in pratica.

Poi c’è la presenza alla convention repubblicana, che si è svolta questa settimana, di una coppia che a giugno ha imbracciato le armi contro i manifestanti pacifici a St. Louis, nel Missouri. Anche in questo caso l’incitamento all’autodifesa era palese.

Da quando è arrivato alla Casa Bianca, Trump coltiva quest’ambiguità nei confronti dell’estrema destra, che di conseguenza si sente rassicurata dal presidente. Ricordiamo ancora gli incidenti di Charlottesville, nel 2017, quando Trump ha messo sullo stesso piano i neonazisti e quelli che contestavano la sua presidenza.

Donald Trump si presenta come il candidato dell’ordine pubblico, mentre il suo vicepresidente Mike Pence ripete che con Joe Biden gli Stati Uniti sarebbero messi a ferro e fuoco. Due Americhe diverse sono ormai in rotta di collisione, e questo rende le elezioni più incerte e soprattutto più pericolose.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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