Il jihadismo si espande in Africa, dove lo stato è assente
Qualche giorno fa decine di agricoltori sono stati massacrati dai jihadisti nel nordest della Nigeria. L’attacco è stato rivendicato dal gruppo terrorista Boko haram, parzialmente affiliato al gruppo Stato islamico (Is). A quanto pare si è trattato di una rappresaglia dopo alcune proteste nei confronti dei jihadisti.
Le vittime finora confermate sono settanta, ma potrebbero essere un centinaio. Eppure la tragedia non ha trovato grande spazio sulla stampa europea, nonostante smentisca ancora una volta l’idea diffusa secondo cui “noi” occidentali, ex colonizzatori, saremmo colpiti più degli altri dall’estremismo islamico.
La verità è un’altra: oggi i gruppi che si ispirano all’Is e ad Al Qaeda sono attivi soprattutto in Africa, e non solo nella regione del Sahel. I jihadisti seminano il terrore anche se non controllano concretamente territori, come invece hanno fatto in Medio Oriente.
Questa estensione geografica è legata alla debolezza delle strutture statali e alla miseria più che al potere di attrazione del jihadismo globale.
Questi gruppi violenti agiscono in diverse aree del continente:
- Nelle zone a maggioranza musulmana dell’Africa occidentale, dove nel diciannovesimo secolo si combatterono “guerre sante” contro gli eserciti coloniali.
- In Somalia, nel Corno d’Africa, dove Al Shabaab terrorizza la popolazione civile da anni, in una guerra in cui un soldato delle forze speciali statunitensi ha trovato la morte di recente in circostanze misteriose.
- Nell’est della Repubblica Democratica del Congo, ventre molle dell’Africa dove la guerra fa parte della quotidianità da molto tempo e dove il jihadismo si è sovrapposto a conflitti locali antecedenti.
- Nel nord del Mozambico, sulla costa dell’oceano Indiano, dove l’islam è radicato da secoli e dove da tre anni imperversa un gruppo affiliato all’Is.
Questi gruppi agiscono come in “franchising”, senza una struttura gerarchica e senza un centro di comando, anche se probabilmente le organizzazioni imparano l’una dall’altra.
I terroristi sanno approfittare delle debolezze dei governi, che si tratti di stati “falliti” come la Somalia o impotenti come la Nigeria. In Mozambico i jihadisti agiscono in una zona che sta diventando una sorta di Eldorado del gas naturale, con un progetto pilota gestito dall’azienda francese Total. I contadini poveri, perfettamente consapevoli che non riceveranno alcun beneficio dallo sfruttamento delle risorse, sono facili prede per i gruppi violenti.
Questo contesto evidenzia che la risposta al terrorismo non può essere esclusivamente basata sulla sicurezza, nemmeno nel Sahel, dove l’attività militare è più sviluppata, con la presenza dei soldati francesi dell’operazione Barkhane e di quelli di altri paesi europei, oltre al rafforzamento degli eserciti africani. Decenni di problemi irrisolti facilitano la destabilizzazione e lo spargimento di sangue.
I morti in Nigeria e in Mozambico sono vittime del terrorismo tanto quanto lo sono i francesi e gli austriaci. Anche se i contesti sono diversi, l’ideologia degli assassini è la stessa.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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