Joe Biden, presidente eletto degli Stati Uniti, ha completato l’11 gennaio la sua squadra per la politica estera e la sicurezza con la nomina di un diplomatico, William Burns, alla guida della Cia. È una scelta significativa, perché Burns è estraneo al mondo dei servizi segreti, ma soprattutto perché è stato l’uomo che ha stretto i primi contatti segreti con l’Iran, poi sfociati nell’accordo sul nucleare del 2015 rinnegato da Donald Trump.
I tre uomini più importanti della squadra internazionale di Biden, che prenderà servizio tra otto giorni, sono stati tutti e tre associati con l’accordo, un momento cardine dell’epoca Obama e uno dei temi caldi del futuro immediato.
William Burns, il consulente per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e il segretario di stato Antony Blinken non solo hanno lavorato insieme sotto Obama, ma incarnano una rottura con l’unilateralismo e il nazionalismo miope di Donald Trump.
Tre opzioni
Ma questo, evidentemente, non basta per garantire una politica estera coerente, soprattutto considerando il clima politico esplosivo in cui si svolge la transizione.
In ogni caso non ci sarà un ritorno alla diplomazia di Obama. In un articolo pubblicato l’estate scorsa dal mensile The Atlantic William Burns, all’epoca capo di un importante think-tank, aveva presentato la sua visione di una diplomazia statunitense post-Trump, che si suppone compatibile con Joe Biden.
Nell’articolo Burns illustra le tre opzioni che si presentano al paese di oggi, così riassunte: ripiegare, tornare al passato o reinventarsi. Burns sottolinea che esistevano già elementi di ripiego nella politica di Obama, ma che il desiderio del presidente di sganciarsi dai conflitti infiniti del Medio Oriente si era scontrato con la realtà della regione. Inoltre bisogna tenere presente che nessuno è pronto a raccogliere il testimone dagli Stati Uniti. Dunque secondo Burns il ripiego non è una soluzione praticabile.
Reinvenzione e diplomazia per le classi medie sono due concetti della politica del nuovo capo della Cia
Tornare al passato, di contro, consisterebbe nel riproporre una politica di potenza classica, con una leadership statunitense senza inibizioni e decisa a rifiutare l’idea stessa del declino. Tuttavia Burns si chiede se gli americani abbiano le risorse e i nervi necessari per lanciarsi, per esempio, in una concorrenza infinita senza limiti con la Cina.
Resta dunque la “reinvenzione”, l’alternativa privilegiata da Burns in un mondo che è profondamente cambiato. “Viviamo in una realtà diversa. Gli Stati Uniti non possono più dettare il corso degli eventi, come a volte pensiamo di poter fare”.
Questa reinvenzione passa per due imperativi. Costruire coalizioni nel mondo, in particolare con l’Europa, è il leitmotiv di tutte le dichiarazioni di questa squadra decisamente europeista. In secondo luogo bisognerà condurre quella che l’amministrazione Biden definisce una “diplomazia per le classi medie”.
Sembra uno slogan elettorale, ma alle spalle ci sono l’analisi delle ragioni del successo di Trump nel 2016 e la consapevolezza che la politica estera non può essere scollegata dalla percezione di disuguaglianza che hanno avuto gli statunitensi di fronte alla globalizzazione.
Non sarà facile conciliare questi imperativi in un paese diviso. Ma quanto meno Biden si è circondato di una squadra professionale e rassicurante. Un bel cambiamento rispetto all’era Trump.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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