L’Italia, si sa, spesso funge da laboratorio politico dell’Europa, e lo ha confermato con il sorprendente governo di coalizione guidato da Mario Draghi. Il 17 febbraio l’ex presidente della Banca centrale europea ha indossato i suoi nuovi abiti di uomo della provvidenza presentando il suo programma davanti al senato.

Negli ultimi anni il laboratorio italiano ha funzionato a pieno regime: prima con una coalizione inedita tra la Lega di estrema destra di Matteo Salvini e il Movimento 5 stelle (M5s), antisistema, di Luigi Di Maio, poi con l’alleanza di governo tral’M5s e il Partito democratico, una formazione appartenente alla vecchia classe politica.

Oggi, infine, nasce una grande coalizione che raggruppa quasi tutti i principali partiti, dalla Lega fino al Partito democratico. C’è anche il piccolo partito di Matteo Renzi, l’uomo che ha fatto cadere il precedente governo. La “magia Draghi” ha permesso la nascita di un’unione nazionale per gestire l’emergenza covid-19 e la ricostruzione economica. Nel frattempo il futuro presidente del consiglio ha infranto tutti i codici politici.

Davanti al senato Mario Draghi ha pronunciato il discorso più europeista che si sia sentito sul continente da tempo. “Senza l’Italia non c’è l’Europa”, ha precisato. “Ma fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine”.

Draghi ha anche ritrovato il tono da ex banchiere centrale quando ha ricordato che “sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro”.

La profezia di Orbán sul populismo non se la passa bene

Da tenere presente che nell’esecutivo guidato da Draghi figura anche Matteo Salvini, noto sovranista e alleato di Marine Le Pen ma comunque disposto ad allinearsi dietro la bandiera filoeuropea di Mario Draghi.

Il simbolismo è molto forte, e merita una deviazione a… Budapest. L’anno scorso il primo ministro ungherese Viktor Orbán, nemico giurato di Bruxelles, aveva analizzato la situazione in Europa dichiarando che le idee euroscettiche avevano bisogno di due vittorie per affermarsi: la rielezione di Donald Trump e un successo di Matteo Salvini in Italia. Di Trump già sappiamo, e Salvini stiamo vedendo come si è riposizionato. La profezia di Orbán, insomma, non se la passa bene.

Draghi, in ogni caso, dovrà ottenere un successo cruciale: la buona gestione della manna finanziaria del piano di rilancio europeo adottato in estate.

Ricordiamo che i paesi “frugali” avevano opposto una grande resistenza prima di accettare il piano europeo da 750 miliardi di euro, costituito in parte da debito comune. Implicitamente questi paesi avevano fatto presente di non fidarsi degli stati del sud, a cominciare dall’Italia. Tra l’altro l’Italia è stata particolarmente colpita dalla pandemia (centomila morti e una recessione dell’8,9 per cento nel 2020) e sarà la prima beneficiaria dei fondi europei, con 81 miliardi di euro in sussidi a fondo perduto e 127 miliardi in prestiti.

Mario Draghi si gioca la propria credibilità e quella dell’Italia. A lungo termine, come ha dichiarato esplicitamente nel suo discorso del 17 febbraio, vorrebbe far guadagnare all’Italia il posto di terzo grande paese dell’Ue, affiancando la coppia franco-tedesca.

Sono grandi sfide per un solo uomo, ma dopo l’investitura trionfale ricevuta al senato Draghi ha tutte le carte in mano.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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