Le immagini della catastrofe indiana suscitano prima di tutto una profonda compassione. È un bene che la solidarietà internazionale si sia attivata. Dai quattro angoli del mondo, Cina compresa, stanno arrivando i sistemi per la produzione d’ossigeno che manca negli ospedali indiani.

Considerate le caratteristiche dell’epidemia le cifre drammatiche sono destinate a salire, e le immagini dei roghi ininterrotti continueranno a perseguitarci. È la peggiore catastrofe dall’inizio dell’emergenza, segno che siamo ancora lontani dalla vittoria sul virus malgrado i progressi dei programmi vaccinali.

Ma la tragedia indiana non cancella la necessità di una riflessione su questa nuova ondata della pandemia a cui l’India non era evidentemente preparata. Al centro di questa analisi c’è per forza di cose il primo ministro indiano Narendra Modi, e più precisamente la “tracotanza” di Modi, come ha sottolineato l’esperto francese di questioni indiane Jean-Joseph Boillot, ovvero un eccesso di fiducia in sé che si trasforma in arroganza.

Il prezzo politico
Il 20 gennaio Modi aveva partecipato in videoconferenza al forum di Davos. Il suo discorso, riascoltato oggi, ha un tono sinistro. Il primo ministro aveva infatti sottolineato il “regalo” che l’India aveva fatto al mondo sconfiggendo la pandemia. Secondo Modi l’India aveva sviluppato un’infrastruttura medica specifica contro il covid-19 e avrebbe “salvato vite” in tutto il mondo producendo i vaccini.

Forte di questa certezza, Modi si è lanciato nella campagna elettorale del Bengala Occidentale, stato dove sperava di vincere e dove ha organizzato una serie di incontri di massa senza prendere alcuna precauzione. Nel frattempo, il primo ministro ha permesso che si svolgessero colossali assembramenti religiosi lungo il Gange, con migliaia di partecipanti, e sempre senza misure protettive.

Modi sarà indebolito soprattutto sul piano internazionale

La storia dirà se l’esplosione di casi è direttamente legata a questi eventi quanto meno imprudenti. Di sicuro il sistema sanitario non ha retto. L’infrastruttura di cui Modi si vantava non è mai esistita.

Ci sarà un prezzo politico da pagare per Modi? Un primo segnale allarmante è arrivato il 2 maggio, quando il Bharatiya janata party, il partito del premier, è stato battuto nel Bengala Occidentale. Si tratta di un duro colpo per il primo ministro, che si è impegnato personalmente nella campagna.

Modi, oratore di talento, conserva la sua presa su un elettorato indù galvanizzato dalla sua retorica nazionalista e populista, ma rischia di dover subire la collera di tutti quelli che hanno perso un parente o un amico e chiedono spiegazioni al governo. Per non parlare delle conseguenze economiche a lungo termine della tragedia.

Ma soprattutto Modi sarà indebolito sul piano internazionale. In passato si era presentato come un’alternativa alla Cina, tanto che gli Stati Uniti, la Francia e altri paesi avevano cominciato a corteggiare l’altro gigante dell’Asia, più frequentabile nonostante il suo autoritarismo inquietante.

Ora però è evidente che la negligenza di Modi non ha nulla da invidiare alle menzogne raccontate da Pechino nella prima fase dell’epidemia, e giustamente criticate. Di fatto l’alleato dell’occidente è pesantemente ridimensionato.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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