In Ungheria Viktor Orbán si gioca la rielezione sull’onda della guerra
Come si può votare serenamente quando è in corso una guerra terribile a pochi chilometri di distanza? E soprattutto, come si può votare serenamente quando il partito al potere controlla i principali mezzi d’informazione e continua a presentare tutti gli oppositori come sostenitori della guerra?
Il 3 aprile, in Ungheria, si svolgeranno le elezioni legislative. L’ombra dell’invasione russa in Ucraina aleggia su un voto cruciale per il paese ma anche per il resto dell’Europa. Fino all’inizio della guerra ci si chiedeva se il primo ministro Viktor Orbán rischiasse di essere battuto, ma oggi nessun sondaggio considera l’opposizione favorita, anche se il paese è diviso.
L’inamovibile leader ungherese è al potere dal 2010. Ex liberale passato all’estrema destra e paladino della democrazia “illiberale”, oggi Orbán si trova per la prima volta a dover affrontare un’opposizione unita. Otto partiti dagli orizzonti molto diversi hanno infatti scelto un candidato comune: si tratta di Péter Márki-Zay, 49 anni, sindaco cattolico e conservatore di una piccola città,
Hódmezővásárhely. Márki-Zay è un esponente politico dal profilo rassicurante e ha la missione di sconfiggere l’uomo forte d’Ungheria.
Astuzia politica
All’inizio del conflitto Orbán sembrava una vittima collaterale dell’invasione russa. Il primo ministro ungherese è il leader europeo più vicino a Vladimir Putin e tra l’altro si trovava a Mosca per negoziare un nuovo accordo per la fornitura di gas mentre il resto del mondo temeva un attacco contro l’Ucraina.
Tuttavia Orbán è stato capace di operare un’astuta manovra politica, evitando di ostacolare le decisioni europee contro la Russia senza però fare nulla di concreto contro il suo amico Putin e soprattutto senza aiutare militarmente l’Ucraina. Tanto che la settimana scorsa, in occasione del Consiglio europeo, il presidente ucraino Zelenzkyj si è rivolto a lui senza giri di parole: “Viktor, sai cosa sta accadendo a Mariupol”?, ha domandato Zelenskyj riferendosi alla città assediata dall’esercito russo.
Il messaggio di Orbán fa breccia su un’opinione pubblica spaventata, soprattutto nelle campagne
Orbán si è affidato a un martellamento propagandistico attraverso i mezzi d’informazione controllati dai suoi alleati, presentandosi come il garante della pace, accusando i suoi oppositori di voler trascinare l’Ungheria verso una guerra e vantandosi di essere riuscito a far calare il prezzo dell’energia grazie ai suoi rapporti con Putin. Poco importa se i suoi rivali sono allineati con le posizioni degli europei: il messaggio di Orbán fa breccia su un’opinione pubblica spaventata, soprattutto nelle campagne.
Nel corso degli anni il premier ungherese è diventato il capofila di una corrente antieuropeista alleandosi con esponenti dell’estrema destra di diversi paesi, tra cui l’Italia e la Francia. Oggi è in aperto conflitto con l’Unione europea per gli attacchi di Budapest allo stato di diritto, alla libertà di stampa e alla libertà accademica, e rifiuta di far parte della procura europea per paura che si interessi troppo agli affari dei suoi alleati.
Anche se dovesse vincere nuovamente le elezioni, come lasciano presagire i sondaggi, Orbán è indebolito dalla guerra scatenata da Putin e si ritrova isolato rispetto ai vicini e agli alleati con cui condivide un approccio euroscettico, ovvero i componenti del gruppo di Visegrád: Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Tutti i paesi dell’alleanza sostengono l’Ucraina, tranne l’Ungheria. Il gruppo di Visegrád, intanto, ha smesso di riunirsi.
Questo isolamento non avrà conseguenze elettorali. Al contrario, la guerra sembra favorire la stabilità, dunque il governo uscente. Ma possiamo stare certi che Viktor Orbán non uscirà indenne da questa scelta politica.
(Traduzione di Andrea Sparacino)