La Tunisia volta pagina con una costituzione presidenziale
La Tunisia vive in uno stato di sospensione da quasi un anno, da quando il presidente Kais Saied ha paralizzato la vita politica assumendo i pieni poteri. Inizialmente questa situazione particolare avrebbe dovuto protrarsi per un mese, ma in seguito Saied ha chiuso il parlamento, governato per decreti e annunciato che avrebbe presentato al popolo un progetto di nuova costituzione il 25 luglio di quest’anno.
La sera del 30 giugno la bozza della nuova carta è stata pubblicata. Se sarà approvata con un referendum, trasformerà la Tunisia in un regime presidenziale. Questa è la logica politica di Saied nonché il suo modo di rispondere al disincanto di un decennio di rivoluzione senza risultati.
Per diversi aspetti la costituzione di Saied è l’antitesi di quella del 2014, prodotta da un’assemblea costituente eletta dopo la rivoluzione del 2011 e basata su un equilibrio tra il presidente e il parlamento per evitare l’accentramento dei poteri autoritario che aveva caratterizzato gli anni della dittatura di Zine el Abidine Ben Ali.
Autoritarismo costante
Questo equilibrio di poteri imperfetto è stato fonte di paralisi e conflitti, suscitando un rifiuto costante da parte della popolazione. Un anno fa Saied, sfruttando le sue prerogative di presidente, ha sospeso la costituzione, e la sua mossa è stata accolta con esultanza da una parte di tunisini che rifiutavano un sistema politico democratico ma inefficace, e in particolar modo il partito islamista Ennahdha, al centro dei meccanismi politici.
I problemi derivano dalla linea e dallo stile di Saied. Il presidente tunisino ha citato la frase con cui il generale francese Charles de Gaulle affermava che alla sua età non avrebbe perseguito una carriera da dittatore, ma i suoi critici gli rimproverano un autoritarismo costante, ricordando i suoi attacchi ai magistrati, il finto dialogo nazionale che ha preceduto la redazione della costituzione e la nomina dei componenti della commissione elettorale, che ormai di indipendente ha solo il nome.
Buona parte della popolazione chiede soprattutto soluzioni alla crisi economica e sociale
Saied non si fida dei partiti e del concetto di “società civile”, e parla direttamente al “popolo”. Anche se la magia della campagna elettorale del 2019 è svanita, il presidente conserva ancora la fiducia di una parte non trascurabile della popolazione.
È possibile che Saied perda il referendum? Il rischio è minimo. Innanzitutto, se è vero che i tunisini più politicizzati criticano il presidente e voteranno sicuramente “no”, bisogna tenere presente l’indifferenza di buona parte della popolazione, che chiede soprattutto soluzioni alla crisi economica e sociale accentuata dal covid e dall’aumento dei prezzi.
Il presidente, con il suo conservatorismo culturale e sociale, fa riferimento ai valori tradizionali della Tunisia profonda. La nuova costituzione, da questo punto di vista, contiene un cambiamento che farà discutere: si è tolto il riferimento all’islam come religione dello stato, iscrivendo la Tunisia nel quadro dell’Umma, la nazione islamica. Lo stato, dunque, avrà il compito di perseguire gli obiettivi dell’Umma.
Chi nelle prime fasi del progetto aveva notato la scomparsa della religione di stato si era chiaramente sbagliato: Saied non è un laico, ma un musulmano conservatore, contrario all’islam politico dei Fratelli musulmani, a cui preferisce l’islam culturale di cui la sua costituzione è impregnata.
Saied sta portando la Tunisia in una direzione diversa da quella seguita nell’ultimo decennio: la popolazione spera sia verso il meglio, ma gli intellettuali temono il peggio, cioè il ritorno della dittatura.
(Traduzione di Andrea Sparacino)