I droni portano la guerra a Mosca
Nel febbraio dell’anno scorso, definendo l’invasione dell’Ucraina una “operazione militare speciale”, Vladimir Putin voleva comunicare ai russi che la faccenda si sarebbe risolta rapidamente. Quindici mesi dopo, invece, una serie di droni ha colpito alcuni edifici residenziali a Mosca, portando nella capitale russa un profumo di guerra e sconvolgendo i suoi abitanti, che credevano di essere al riparo dal conflitto. Il trauma, in questo senso, sarà ben più forte degli effetti militari dell’operazione.
L’attacco dei droni è il simbolo del fallimento della campagna ucraina del presidente russo. I blogger nazionalisti e bellicisti non si sono impegnati troppo per criticare la mancanza di difesa aerea nella capitale, che ha permesso ai droni di colpire i loro obiettivi. Se avessero voluto lanciare una provocazione, infatti, avrebbero potuto fare il confronto con i risultati della contraerea ucraina, che grazie agli equipaggiamenti occidentali intercetta la maggior parte dei missili e dei droni lanciati su Kiev.
A fare la voce grossa ci ha pensato Evgenij Prigožin, capo del gruppo Wagner e rivale dei vertici dell’esercito russo, che sul suo canale Telegram ha dichiarato che “il popolo ha il diritto di porsi certe domande”, per poi rivolgersi all’establishment militare in toni minacciosi: “Che le vostre case possano bruciare”.
Leggi non scritte
L’impatto della vicenda è dunque innanzitutto politico, e questo era sicuramente l’obiettivo di chi ha organizzato il lancio di droni (pare fossero una ventina) in direzione di Mosca. L’Ucraina ha negato qualsiasi responsabilità, come aveva già fatto quando un drone era stato abbattuto sopra il Cremlino. Una smentita poco credibile, ma conforme alle leggi non scritte della guerra.
Il 30 maggio Putin ha reagito affermando contro ogni evidenza che la difesa aerea russa aveva funzionato in modo ottimale, e ha accusato Kiev di voler “terrorizzare” (parole sue) la popolazione di Mosca. Una dichiarazione quanto meno cinica da parte di un uomo che bombarda da settimane (e ancora più intensamente negli ultimi giorni) le principali città ucraine, compresa la capitale.
L’Ucraina alza la posta preparando la sua controffensiva in un contesto internazionale importante
Il paradosso è che Putin è costretto sulla difensiva in un momento in cui potrebbe vantare alcuni successi militari, dalla conquista di Bachmut al bombardamento del quartier generale dei servizi d’informazione ucraini, ammesso da Kiev. Invece l’Ucraina è riuscita a mantenere l’iniziativa con l’attacco dei droni nel mar Nero, l’incursione dei ribelli russi a Belgorod e ora con i droni su Mosca.
Moltiplicando queste operazioni su diversi fronti e con varie modalità, l’esercito ucraino copre le proprie tracce mentre sta preparando la sua controffensiva di primavera. L’attacco è oggetto di infinite speculazioni da settimane, tanto da rendere necessaria una manovra per confondere l’avversario affinché non sappia dove colpiranno gli ucraini.
Una tattica simile aveva già funzionato l’anno scorso, quando Kiev aveva ribadito per settimane che avrebbe attaccato Cherson, nel sud, per poi recuperare ampi territori nel nordest. Sarà difficile ripetere due volte lo stesso trucco.
L’Ucraina alza la posta preparando la sua controffensiva in un contesto internazionale importante. I leader europei s’incontreranno in settimana in Moldova, sicuramente alla presenza di Volodymyr Zelenskyj, ma l’appuntamento decisivo per il conflitto arriverà con il vertice della Nato previsto per l’inizio di luglio a Vilnius. Tra consegne di armi, garanzie di sicurezza e coordinamento politico, l’Ucraina vorrà presentarsi in Lituania in posizione di forza. La partita, in questo senso, si gioca soprattutto sul terreno militare.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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