Biden pensa al dopoguerra in Medio Oriente, ma non a un cessate il fuoco
Joe Biden ha un problema, o forse più di uno. Il primo è che gran parte degli statunitensi non capisce l’appoggio che la sua amministrazione continua a garantire a Israele, con il rifiuto di chiedere un cessate il fuoco. In particolare sono i giovani a non approvare l’operato del presidente: il 70 per cento degli americani di età compresa tra 18 e 34 anni si dichiara in disaccordo con la gestione del conflitto da parte della Casa Bianca.
Il secondo problema è che Biden non si fida dell’uomo che guida Israele in queste ore drammatiche, Benjamin Netanyahu. Il presidente statunitense, che nutriva dubbi su Netanyahu già prima del 7 ottobre, oggi non crede nella validità delle idee del leader israeliano per il dopoguerra nei territori palestinesi.
Non potendo accontentare i suoi detrattori sul cessate il fuoco – perché vuole lasciare all’esercito israeliano la possibilità di distruggere l’infrastruttura di Hamas nella Striscia di Gaza – Biden ha pubblicato un intervento sul Washington Post in cui cerca evidentemente di dimostrare ai suoi elettori scontenti che non intende permettere a Netanyahu di dettare l’agenda. Ma è probabile che tra i suoi obiettivi ci sia anche quello di guadagnare tempo.
Per la prima volta il presidente americano minaccia di imporre sanzioni contro i coloni israeliani violenti della Cisgiordania occupata. È una novità, dopo anni di condanne rituali e senza alcun risultato di una colonizzazione che continua a espandersi, spesso in modo violento.
Gli Stati Uniti sono sconvolti dal comportamento dei coloni in Cisgiordania, che continuano a gettare benzina sul fuoco con la benedizione del ministro della sicurezza pubblica Itamar Ben Gvir (estrema destra) e dell’esercito. Lo stesso sentimento è stato espresso dal presidente francese Emmanuel Macron il 19 novembre al telefono con Netanyahu e con il presidente dell’autorità palestinese Mahmoud Abbas. Dal 7 ottobre più di duecento palestinesi sono stati uccisi dai coloni o nei raid dell’esercito in Cisgiordania.
Gli statunitensi temono che l’estrema destra israeliana voglia approfittare della guerra a Gaza per seminare il caos in Cisgiordania ed espellere i palestinesi dalle loro terre o addirittura da tutto il territorio. In questo senso l’avvertimento lanciato da Biden è un modo per dire “vi teniamo d’occhio”. Ma non è affatto detto che basti.
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A proposito del dopoguerra, Biden ha smentito vari leader israeliani dichiarando che non ci saranno né una espulsione dei palestinesi da Gaza né un assedio o un blocco del territorio (come però accade da quindici anni) e neanche una riduzione delle dimensioni della Striscia, come invece ha suggerito il ministro della difesa israeliano.
Il presidente americano ha ribadito il suo sostegno alla soluzione dei due stati. Un primo passo in questa direzione, secondo Biden, sarà la riunificazione tra l’amministrazione di Gaza e quella della Cisgiordania sotto l’egida di quella che ha definito “un’autorità palestinese rinnovata”, senza però scendere nei dettagli.
Come prevedibile, le parole di Biden sono state accolte con scetticismo, anche perché gli ostacoli sono enormi. Tuttavia, mettendo nero su bianco la sua posizione, Biden fissa un appuntamento non solo con i leader israeliani – quello di un dopoguerra che spera possa essere senza Netanyahu – ma anche con i palestinesi, che al momento non si fidano di lui, e con gli elettori statunitensi che teme di perdere in vista delle presidenziali del 2024.
L’articolo sul Washington Post dimostra che il presidente americano, diversamente da Netanyahu, non crede a una soluzione militare del conflitto. Ma questo non gli impedisce di sostenere un’offensiva militare sempre più criticata dall’opinione pubblica mondiale.
(Traduzione di Andrea Sparacino)