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L’Europa smetterà di sanzionare la Russia?

Parigi, 24 giugno 2024. Jordan Bardella presenta la bozza di programma di governo in caso di vittoria del Rassemblement national. (Chesnot/Getty Images)

Il 24 giugno i 27 paesi dell’Unione europea hanno approvato il quattordicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, ormai quasi due anni e mezzo fa. I ministri degli esteri hanno adottato misure che colpiranno il settore dell’energia e quello della finanza. I provvedimenti riguardano anche l’aggiramento delle sanzioni e il divieto per le associazioni e i partiti europei di ricevere fondi dalla Russia.

Le nuove sanzioni sollevano due interrogativi. Il primo riguarda l’efficacia di misure che nelle speranze degli alleati dell’Ucraina avrebbero dovuto indebolire più rapidamente la Russia. Il problema è stato posto spesso e la risposta non è semplice. Esportatrice di idrocarburi, la Russia non è certo priva di risorse. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che le sanzioni sono state adottate solo dagli occidentali. Tuttavia, anche se non hanno avuto l’effetto sperato, hanno comunque compromesso lo sforzo bellico di Mosca, costretta a rivolgersi a paesi paria come la Corea del Nord.

Il secondo interrogativo è ancora più complesso. La coesione europea davanti alla minaccia russa resisterà all’avanzata dell’estrema destra nel continente? Cosa succederebbe in caso di vittoria del Rassemblement national (Rn) alle elezioni francesi del 30 giugno e 7 luglio? Le sanzioni adottate il 24 giugno potrebbero davvero essere le ultime?

Il 24 giugno, nel corso di una conferenza stampa, il possibile prossimo primo ministro francese Jordan Bardella ha illustrato una posizione moderata sull’Ucraina e la Russia. Bardella si è detto favorevole al sostegno “logistico e in termini di materiale di difesa” per Kiev, ma non si è spinto fino a condividere la strategia di Macron sulla presenza di militari francesi sul suolo ucraino o sull’utilizzo di armi francese in territorio russo.

È una posizione molto più sfumata rispetto a quella contenuta per esempio nel programma presentato da Marine Le Pen in vista delle presidenziali del 2022, opportunamente sparito dal sito dell’Rn, come ha sottolineato Politico la settimana scorsa.

All’epoca la candidata dell’Rn era molto legata alla Russia e chiedeva l’uscita della Francia dal comando integrato della Nato, mentre Bardella sostiene di non voler rimettere in discussione gli impegni internazionali della Francia sulla difesa.

Il Rassemblement national sa bene che i legami passati con Mosca – il finanziamento del partito attraverso un prestito russo, l’incontro tra Le Pen e Putin durante la campagna elettorale del 2017 – ne possono compromettere la normalizzazione presso una parte dell’elettorato.

Bardella presenta dunque un’immagine più vicina a quella di Giorgia Meloni, leader dell’estrema destra e capo del governo italiano che si è dimostrata un’alleata affidabile per l’Ucraina e la Nato. Dunque meglio la Meloni di oggi che la Le Pen del 2017 o anche del 2022.

Tuttavia, una coabitazione tra Macron e un primo ministro dell’Rn non sarebbe semplice rispetto alle questioni di politica estera e difesa, che oggi appaiono più complesse rispetto a quelle che la Francia aveva vissuto durante altre coabitazioni (Mitterrand-Chirac o Mitterrand-Jospin), quando la posta in gioco era la rivalità politica, più che un disaccordo di fondo.

La situazione sarà tanto più tesa se consideriamo che oggi molti governi europei sono influenzati dall’estrema destra, mentre in passato il primo ministro ungherese Viktor Orbán era isolato nel suo sostegno nei confronti di Mosca. Da tutto questo nasce la mia domanda iniziale: le quattordicesime sanzioni contro la Russia saranno anche le ultime?

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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