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La Russia colpisce le infrastrutture ucraine per sfiancare la popolazione

A Kryvyi Rih, nel sudest dell’Ucraina, 27 agosto 2024.
(Andrii Gorb, Reuters/Contrasto)

Centoventisette missili e 109 droni. Secondo lo stato maggiore ucraino è questa la portata dell’operazione messa in atto dalle forze russe il 26 agosto a Kiev e in una quindicina di regioni del paese. Secondo Volodymyr Zelenskyj si tratta di uno degli attacchi più violenti dall’inizio dell’invasione, ormai trenta mesi fa.

L’obiettivo sono le infrastrutture ucraine. La rete idrica e quella elettrica hanno smesso di funzionare in diverse regioni, mentre nella regione di Kiev è stata presa di mira anche una diga. Si tratta dell’ennesimo attacco contro le infrastrutture civili, che probabilmente renderà il prossimo inverno difficile per milioni di persone.

L’intensità dell’offensiva, che ha impegnato al massimo la difesa aerea ucraina (ancora carente), non sorprende affatto. Si tratta infatti della consueta risposta del Cremlino a qualsiasi iniziativa militare ucraina. Stavolta l’evento scatenante è stato l’affronto dell’ingresso delle forze ucraine nella regione di Kursk, dove l’esercito di Kiev controlla ancora oltre mille chilometri quadrati di territorio.

L’esercito russo non ha tentato di riconquistare l’area nonostante le migliaia di sfollati e l’imbarazzo della situazione, limitandosi a vendicarsi usando la sua superiorità aerea.

Il 26 agosto Zelenskyj ha chiesto ancora una volta agli occidentali di consegnare all’Ucraina gli apparecchi più sofisticati che ancora mancano all’appello e soprattutto di cancellare le restrizioni sull’uso delle armi già ricevute.

Gli ucraini sono convinti di combattere una guerra esistenziale dovendo far fronte a diversi svantaggi, dalla sproporzione di mezzi davanti a un paese immenso, ai vincoli imposti dagli occidentali, preoccupati dalla reazione di Mosca.

L’Ucraina non ha il pieno controllo delle armi di cui dispone, in particolare quando si tratta di colpire il territorio russo. Gli attacchi ucraini sempre più numerosi contro installazioni russe sono effettuati con droni fabbricati in Ucraina, dove esiste un’industria della difesa molto efficace.

Qual è il motivo di queste limitazioni? La risposta è contenuta in un libro appena pubblicato da David Sanger, specialista di questioni della difesa del New York Times. In New cold wars, Sanger svela che l’amministrazione statunitense continua a temere che Zelenskyj la trascini in una terza guerra mondiale, una paura che Biden ha espresso pubblicamente alla vigilia dell’invasione russa e che non è mai svanita.

Frustrazione ucraina contro prudenza occidentale: è un elemento costante degli ultimi due anni e mezzo nonostante l’escalation ininterrotta di consegne di equipaggiamenti avanzati. Gli ultimi apparecchi ad arrivare in Ucraina, dopo lunghi tentennamenti, sono stati gli aerei da combattimento F16.

L’Ucraina ha chiaramente migliorato la propria situazione rispetto all’inizio della guerra, quando il suo esercito doveva affrontare persino una carenza di proiettili. Tuttavia la gara di velocità tra Russia e Ucraina sui diversi terreni dello scontro non sembra vicina alla conclusione, soprattutto se dovesse imporsi l’ipotesi di una trattativa.

Il morale dei civili colpiti il 26 agosto dai missili e dai droni russi fa certamente parte dell’equazione, e Vladimir Putin continua a cercare di fiaccarne la resistenza.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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