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L’influenza della Cina in America Latina preoccupa Washington

Il porto di Chancay, in Perù, 7 novembre 2024. (Hidalgo Calatayud Espinoza, Picture-Alliance/Dpa/Ap/LaPresse)

Sapete qual è il primo partner commerciale dell’America Latina? Molti penseranno che siano gli Stati Uniti, e invece a figurare al primo posto è la Cina, che non ha alcuna intenzione di perdere il primato.

Nel fine settimana il numero uno cinese Xi Jinping visiterà il Perù per partecipare a un vertice Asia-Pacifico e soprattutto per inaugurare il più importante progetto realizzato dalla Cina in America Latina: il porto in acque profonde di Chancay, a ottanta chilometri da Lima. Si tratta di un investimento da 1,3 miliardi di dollari la cui seconda fase vedrà l’azienda cinese Cosco investire un altro miliardo di dollari.

Questo progetto gigantesco, che cambierà l’economia regionale, fa parte della Nuova Via della Seta, la strategia che ha permesso alla Cina di tessere una tela che ricopre tutti i continenti. Il rallentamento dell’economia cinese ha costretto il governo a ridurre gli investimenti, ma come possiamo verificare in Perù l’approccio non è stato abbandonato e ha già cominciato a produrre i primi frutti.

Gli scambi tra la Cina e l’America Latina sono aumentati di ben 35 volte negli ultimi due decenni, raggiungendo un giro d’affari annuo di circa 500 miliardi. Questa cifra è soltanto uno dei diversi indicatori della presenza cinese.

Esistono due spiegazioni a questa attività massiccia. La prima è che all’inizio degli anni duemila la Cina ha cercato di assicurarsi un accesso alle materie prime, trovando in America Latina il litio necessario per costruire le sue batterie (di cui è il primo produttore mondiale) ma anche il rame, il ferro e altri minerali. Poi ci sono i prodotti agricoli, come la soia brasiliana che ha provocato un’impennata negli scambi tra i due paesi. Soltanto in Messico e Colombia la Cina non è il primo partner commerciale del paese.

La seconda spiegazione è più politica: la Cina ha intenzione di aggirare l’occidente e stringere nuovi legami con in paesi del Sud. Lo abbiamo visto, su vasta scala, nel continente africano. In America Latina il processo è stato più discreto, ma è stato comunque portato avanti a discapito di Washington.

Gli Stati Uniti hanno avuto a lungo la mano pesante e un’influenza dominante in America Latina, dunque è sorprendente che abbiano lasciato campo libero a Pechino. In realtà la Cina ha approfittato dell’eclisse degli americani, troppo occupati nella loro “guerra contro il terrorismo” negli anni dei conflitti in Afganistan e in Iraq.

L’amministrazione Biden ha cercato di riprendere l’iniziativa, ma ha fatto troppo poco e troppo tardi. Ora bisognerà capire come intenderà agire Donald Trump. Ancora prima di essere incluso nella squadra di governo, il senatore Marco Rubio aveva dichiarato che gli Stati Uniti non possono permettere che l’America Latina e i Caraibi possano finire nella sfera d’influenza cinese.

Il programma del presidente eletto non lo renderà particolarmente popolare sul continente, soprattutto se comincerà il suo mandato espellendo milioni di immigrati clandestini, in gran parte ispanici. Lo stesso vale per la temuta caccia ai prodotti cinesi fabbricati in Messico per evitare i divieti americani.

Il 16 novembre, a Lima, Xi incontrerà Joe Biden per l’ultima volta dopo quattro anni in cui la manovra di Washington per contrastare la Cina si è rafforzata. L’era Trump sarà ancora più aggressiva, ma il nuovo porto di Chancay fa capire al presidente eletto che la Cina ha ormai conquistato un vantaggio netto in un’area tradizionalmente considerata come il cortile di casa degli Stati Uniti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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