La caduta di Aleppo e le fragili fondamenta del mondo arabo
La caduta di Aleppo sotto i colpi della coalizione formata da Siria, Russia, Iran e Hezbollah diventerà probabilmente uno spartiacque storico e simbolico tra due epoche. Il futuro sarà determinato dalla misura in cui chi detiene il potere sarà disposto a usare la forza per raggiungere i suoi obiettivi, come è successo negli ultimi avvenimenti in Siria.
Eppure, come accade spesso per questo tipo di situazioni in Medio Oriente, è impossibile prevedere cosa succederà, o come si comporteranno le grandi potenze. Questo a causa della presenza di una specie di caleidoscopio in costante cambiamento di personalità, di interessi dei governi, di alleanze a breve termine e di sviluppi locali, come è avvenuto con l’ascesa inaspettata del gruppo Stato islamico due anni e mezzo fa. Di conseguenza è meglio astenersi sia dalla presunzione di dare consigli ai governi su quali politiche adottare sia dallo spingersi in previsioni sul futuro.
Quello che possiamo fare, invece, è ricordare come hanno agito i diversi governi e le istituzioni non governative nell’ultimo decennio, e arrivare alla conclusione che Aleppo può insegnarci delle cose sulla nostra condizione di cittadini del mondo in un momento storico come questo, che è allo stesso tempo l’epoca della globalizzazione e quella della parcellizzazione.
La fine di quest’epoca aprirà le porte a qualcosa di nuovo che oggi non possiamo prevedere
Forse la prima conclusione è che l’epoca post guerra fredda è davvero finita. Il dominio dell’occidente, con la leadership degli Stati Uniti, sulla vita, sulla politica e sugli equilibri internazionali si è inceppato in Siria nel corso degli ultimi sei anni. Questo dopo che, per due decenni, gli Stati Uniti hanno fatto quello che era utile ai loro interessi in tutto il mondo. La profonda ironia è che centinaia di milioni di persone nel mondo vorrebbero trasferirsi negli Stati Uniti o in altre società occidentali, e non in Russia, in Iran o in Siria. La battaglia in corso non riguarda quindi le menti delle persone, ma solo l’esercizio del potere, in particolare quello militare, contro i civili in difficoltà.
La fine dell’epoca del dopo guerra fredda aprirà le porte a qualcosa di nuovo che oggi non possiamo prevedere. Tutto dipenderà dalle decisioni politiche delle grandi potenze come la Russia e la Cina, delle potenze regionali come la Turchia, l’Arabia Saudita, Israele e l’Iran, e di potenze locali come Hezbollah, i curdi e altre forze radicate nella regione, in particolare perché queste ultime vogliono combattere tra di loro.
Quello che ci lasciamo alle spalle, in un turbine di polvere, sangue, droni e angoscianti messaggi sui social media, è il concetto di “comunità internazionale”, e una serie di leggi elaborate nel corso dell’ultimo secolo, che ambivano a portare ordine e giustizia nel mondo. Aleppo e i suoi abitanti – insieme a decine di milioni di altri siriani e civili vulnerabili e umiliati di molti paesi arabi – hanno ripetutamente, ma inutilmente, chiesto alla “comunità internazionale” di proteggerli dalla brutalità del loro governo o degli altri stati, dai droni azionati da lontano, dai bombardamenti aerei a tappeto su interi quartieri o dall’assedio di aree urbane in Siria, a Gaza, in Yemen o in altre zone.
I funzionari delle Nazioni Unite e i dirigenti di organizzazioni umanitarie si sono uniti alla richiesta di protezione lanciata dai civili, che rischiavano di essere uccisi. Quando questo tentativo è fallito, uomini, donne e bambini disperati hanno chiesto semplicemente pietà: per esempio essere uccisi velocemente. Ma non gli è stata concessa né la protezione né la pietà. Fanno eccezione i sostenitori del governo, che hanno beneficiato della protezione delle forze militari russe, siriane o libanesi, che li hanno soccorsi.
La fine del sogno di un ordine arabo
Dobbiamo inoltre considerare morta e sepolta l’idea di un ordine internazionale panarabo, che un tempo aveva cercato di imporsi attraverso la Lega araba. Il panarabismo è stato un sentimento popolare concreto nell’ultimo secolo, ma non ha prodotto nessuna istituzione credibile in grado di garantire stabilità e governabilità. Il panarabismo si è dissolto anche perché molti – non tutti – gli stati arabi hanno dimostrato di essere una combinazione di irrazionalità, inefficienza, corruzione e improvvisazione.
Forse questa è la conseguenza dei capricci dei funzionari coloniali europei; o di quelli dei leader arabi, senza scrupoli e incompetenti, che s’impadroniscono del potere per i loro interessi e non lo mollano più; o forse è quello che succede inevitabilmente quando, per quasi un secolo, si lascia andare avanti un conflitto come quello palestinese, mentre le grandi potenze mandano nella zona i loro eserciti per difendere i loro interessi, in particolare quelli legati alle risorse energetiche, che diventano una priorità rispetto a ogni altro ideale o diritto.
Quanto alle istituzioni internazionali, regionali e locali che hanno definito la nostra regione nell’ultimo secolo, continuano a scomparire in concomitanza con svolte epocali, come quelle in Siria e ad Aleppo. Dovremo aspettare un po’ prima che, dall’interno della regione, emerga un nuovo sistema di forze che possa liberarci per sempre da funzionari coloniali ubriachi e dittatori locali, indicando la strada verso la giustizia e la stabilità a quattrocento milioni di cittadini del mondo arabo. Un mondo le cui fondamenta sono state scosse profondamente.
(Traduzione di Federico Ferrone)