L’Alexis Tsipras trionfante, magro e brillante che la sera della vittoria elettorale di gennaio prometteva la fine dell’austerità e la cacciata della troika dalla Grecia non sembra neanche il lontano parente di quello gonfio, un po’ bolso e chiaramente esausto apparso due sere fa in televisione per annunciare le dimissioni del “primo governo di sinistra in Grecia”. Dimissioni che quasi certamente porteranno a nuove elezioni politiche il 20 settembre.
Elezioni che probabilmente Syriza vincerà di nuovo, nonostante la retromarcia del premier greco su quasi tutti i punti principali del suo programma elettorale e la scissione a sinistra del nuovo partito Leiki Anotita (Unità popolare). A quel punto, Syriza potrebbe conquistare il diritto di governare da sola con una maggioranza assoluta.
L’eurozona è un potente strumento di trasformazione: in soli sei mesi Alexis Tsipras è diventato il nuovo François Hollande, un altro che era sceso in campo per “cambiare tutto” ed è stato presto ridotto a ben più miti consigli.
Bisogna ammettere che almeno il premier greco ci ha provato, in una campagna durata cinque mesi in cui ha fatto tutto il possibile (non sempre azzeccando le sue mosse, anzi) per cercare di chiudere una fase durata cinque anni di austerità e sacrifici per il suo popolo. Ha fatto tutto tranne l’unico passo risolutivo: uscire dall’eurozona. Ma, come si è capito, il popolo greco non è mai stato d’accordo con l’abbandono dell’euro. E continua a preferire una nuova stagione di dolorosa austerità al ritorno alla dracma.
Quindi conta fino a un certo punto stabilire se Alexis Tsipras abbia tradito totalmente il suo programma elettorale, se la credibilità internazionale della Grecia sia stata ridotta ai minimi termini, se il braccio di ferro con i creditori abbia paralizzato l’economia greca e imposto controlli sui capitali, se sia riuscito a perdere un quarto della sua compagine parlamentare e se addirittura sia passato nel giro di poche settimane dall’ammettere onestamente di non credere in un accordo imposto dai creditori a dichiarare che “nonostante tutto l’intesa è un buon affare per la Grecia”.
Perché Syriza vincerà le elezioni
Anche se non ci sono sondaggi recenti, la maggioranza degli osservatori politici è d’accordo: Syriza potrebbe rivincere nettamente le elezioni di fine settembre. Il partito di Tsipras continua a godere di circa il 37 per cento dei consensi, con un distacco di quasi venti punti sui conservatori di Nea Dimokratia, mentre restano stazionari i consensi ai partiti minori filoeuropei (Pasok e To Potami) o antisistema (Comunisti e Alba Dorata). C’è l’incognita del risultato della nuova formazione Laiki Enotita (Unità Popolare), creata dall’ala sinistra di Syriza schieratasi contro gli accordi con l’Europa, guidata per ora dall’ex ministro dell’Industria Panayotis Lazafanis e forse in futuro dalla presidente della Camera Zoe Kostantinopolou. Ma a meno di sorprese, la frammentazione delle opposizioni e il sistema elettorale assicurerà a Tsipras la maggioranza assoluta del parlamento.
Il fatto è che per il grosso dell’opinione pubblica Tsipras ha dato comunque l’impressione di essersi battuto a difesa degli interessi della Grecia. Molti pensano che in ogni caso il duro accordo imposto dai creditori sia meglio delle conseguenze dell’uscita dall’euro. Tanti riconoscono che per la prima volta si è chiarito, e riconosciuto pubblicamente anche dai creditori e dalle istituzioni internazionali, che bisognerà risolvere il problema del debito caricato sulle spalle dei greci dal 2010 in poi (dopo l’intesa, ora aumentato di altri 86 miliardi di euro). Inoltre alcune riforme imposte dall’accordo (le liberalizzazioni, la costruzione di un meccanismo di riscossione delle imposte) porteranno qualche vantaggio alla Grecia.
Alexis Tsipras nelle prossime settimane presenterà Syriza come l’unica scelta possibile, in contrasto con i partiti a favore della Grexit e quelli che appoggiano le scelte dei creditori. Se vincerà, il premier cercherà di trovare gli spazi possibili per alleviare in qualche modo l’inevitabile recessione causata dal nuovo piano di aiuti. Sperando che in autunno sul palcoscenico europeo si creino le condizioni per intervenire sul debito. Se ci riuscirà, non finirà sui libri di storia come uno dei tanti politici chiacchieroni e inconcludenti.
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