Una bambina nuda al centro della strada. Davanti e dietro di lei altri bambini che gridano e sullo sfondo alcuni soldati. Nel cielo nuvole di fumo. La foto è in bianco e nero. È stata scattata l’8 giugno del 1972 in un piccolo villaggio del Vietnam del Sud.
Non servono molti altri dettagli per parlare di una delle immagini più memorabili delle atrocità della guerra del Vietnam. Nel conflitto che divise in due il paese, il nord filorusso e il sud filostatunitense, morirono più di tre milioni di nordvietnamiti, 250mila sudvietnamiti e 58mila americani.
La foto uscì in prima pagina sui giornali di tutto il mondo. Il nome della bambina, che restò sconosciuto per due giorni, era Kim Phuc. Phuc significa “felicità” e Kim “dorata”. Siccome il nome Kim lo avevano anche le sue altre due sorelle, lei era conosciuta da tutti come Phuc, spiega la scrittrice canadese Denise Chong, che nel 1999 ha scritto la sua biografia.
Kim Phuc era nata quando la guerra nel suo paese era già scoppiata, fu ferita dal napalm lanciato da due velivoli dell’armata sudvietnamita quando aveva nove anni, e ne aveva dodici quando il conflitto finì. Nick Ut, il fotografo che scattò la foto ne aveva 21 quando fu inviato dall’Associated Press a seguire la guerra, subito dopo la morte di suo fratello ucciso sul fronte.
Chi sganciò il napalm quel giorno pensava di bombardare un rifugio di Vietcong, i combattenti del Fronte di liberazione nazionale del Vietnam del Sud. Invece colpì una pagoda che ospitava famiglie di civili e soldati dello stesso esercito sudvietnamita.
Phuc viveva con i suoi genitori ma quel giorno era a casa di suo cugino quando sentì il rumore degli aerei. I bambini fuggirono in strada, sulla Highway 1, nel villaggio di Trang Bang, a meno di un’ora da Saigon.
“Un silenzio opprimente e un gruppo di silhouette che corrono e cercano aiuto tra i soldati e i giornalisti. La nonna di Kim Phuc con in braccio un bambino e un ragazzino con una camicia bianca che grida: ‘Aiutate mia sorella’. E lei che arriva subito dopo, nuda, con le braccia spalancate, infinitamente vulnerabile, gridando ‘Nong qua, nong qua’, troppo caldo”. Così racconta la scena Nich Ut alla giornalista Annick Cojean di Le Monde in occasione dei quarant’anni dallo scatto.
Quel giorno del 1972 il napalm uccise quattro persone. Phuc si salvò grazie all’intervento dello stesso Nick Ut e del giornalista britannico Christopher Wain che la portarono all’ospedale Cu Chi. Le ustioni avevano risparmiato il suo viso e le mani, ma avevano colpito la schiena.
Kim Phuc ha studiato a Cuba, nel 1992 ha sposato un suo connazionale, si è trasferita in Canada con lui e ha avuto due figli. Nel 1997 è stata nominata ambasciatrice dell’Unesco. Anche il cugino di Kim Phuc si è trasferito a Toronto; il fratello, il ragazzo a sinistra nella foto, perse un occhio durante l’attacco.
Fu il quotidiano britannico Mail on Sunday a rivelare la notizia che la protagonista di una delle più famose foto della guerra del Vietnam era andata a vivere in Canada. La storia fu ripresa poi dal Sunday Sun di Toronto, che dedicò a Kim Phuc la seconda e la terza pagina. Quando il regime vietnamita scoprì che la protagonista della fotografia viveva in occidente ed era diventata famosa, quell’immagine diventò uno strumento di propaganda, “sbandierata dal regime marxista come dolente prova del colonialismo americano, ma allo stesso tempo un simbolo vivente accettabile delle sofferenze generate dalla guerra”, scrive ancora Denise Chong.
Per le ferite provocate dal napalm Kim Phuc fu ricoverata per 14 mesi e subì 17 operazioni. Con la sua foto Nich Ut vinse il World press photo of the year nel 1972 e il premio Pulitzer nel 1973.
Nel 2002 la pubblicazione di alcune registrazioni telefoniche del 12 giugno 1972 svelò che il presidente degli Stati Uniti in carica all’epoca, Richard Nixon, “era ossessionato dall’autenticità di quell’immagine”. Nelle conversazioni registrate il presidente si chiede se lo scatto sia stato costruito per mettere al centro dell’immagine una bambina nuda.
Secondo la scrittrice statunitense Susan Sontag “a partire dalla guerra del Vietnam possiamo essere praticamente sicuri che nessuna delle fotografie più note sia il risultato di una montatura. E questo può in parte spiegarsi con il fatto che in Vietnam la televisione fu il mezzo determinante per ritrarre la guerra, e il fotografo, che in passato agiva da solo, doveva da quel momento competere con la vicinanza delle troupe televisive. Anche se dal punto di vista tecnico manipolare le immagini diventava più semplice, la possibilità d’inventare immagini drammatiche era già un’arte perduta”. “Al tempo della guerra del Vietnam”, aggiunge Sontag, “la fotografia di guerra si trasformò in critica alla guerra”.
L’8 giugno del 2015, esattamente 43 anni dopo lo scatto, il reporter Nick Ut è tornato sulla Highway 1, a Trang Bang, con un iPhone. Le immagini che ha scattato sugli stessi luoghi sono arrivate immediatamente alla pagina Instragram dall’Associated Press (Ap). E in pochi istanti tutto il mondo ha potuto vedere, condividere e commentare quelle foto.
Quando nel 1972 Nich Ut scattò la foto di Kim Phuc bruciata dal napalm, fu costretto a portare il rullino alla redazione dell’Ap di Saigon, a quaranta chilometri di distanza. Anche se il regolamento dell’agenzia non permetteva di distribuire foto di nudo, il capo dei fotografi dell’Ap, Horst Faas, scelse di farlo. Disse che quella foto “non si poteva fermare”.
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