Sono ragazze e ragazzi armati di coltelli presi dalla cucina di casa. Non sono legati a un’organizzazione terroristica e non vengono dalla Striscia di Gaza. Sono arabi israeliani, abitanti di Gerusalemme, una delle città più sacre e insanguinate del mondo.

I mezzi d’informazione parlano di terrorismo civile oppure di un terrorismo dei ragazzi. Non sono più terroristi addestrati e armati con esplosivi, questa volta sono ragazzi che uccidono ragazzi.

Negli ultimi giorni, ore e minuti il numero degli attentati aumenta e il profilo degli attentatori diventa sempre più complesso.

La settimana è cominciata con dei ragazzi israeliani di terza media che piangevano senza riuscire a metabolizzare il dolore dopo aver visto un loro compagno di classe accoltellato. La foto della sua bici insanguinata e abbandonata a terra ha fatto il giro dei social network. A pochi chilometri da Gerusalemme, non lontano da Ramallah, i compagni di classi dell’assassino – un ragazzo, anche lui di solo tredici anni – piangevano di fronte alla foto del suo corpo senza vita accompagnato dalla scritta “una vittima del terrorismo israeliano”.

La pornografia del sangue

Il fronte è ovunque e i mezzi di attacco e difesa sono infiniti. Ma i pericoli maggiori sono – oltre all’atrocità dei coltelli, cacciavite, automobili da parte dei terroristi – il richiamo ai cittadini israeliani di cominciare a girare con armi personali, la pornografia degli immagini e del sangue che inevitabilmente aumenta il livello della paura, della rabbia e dell’odio.

Ma le cose sono cambiate ancora. Non sono più giovani che sui social network ricevono inviti a vendicarsi e di conseguenza escono fuori con un coltello in mano: ora girano in coppia e con un’arma da fuoco in mano per uccidere in poco tempo più persone possibile. Mentre i poliziotti israeliani cercano di togliere le macchie di sangue dal marciapiede, il sindaco di Gerusalemme chiede la chiusura immediata della Striscia di Gaza e dei villaggi arabi intorno a Gerusalemme.

Non a caso la chiamano ondata di terrore: va e viene in un mare che non è mai quieto.

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