Massimiliano Boni, Il museo delle penultime cose
66th and 2nd, 373 pagine,18 euro
In un futuro prossimo, in un’Italia scossa da una nuova ondata di antisemitismo, Pacifico Lattes, uno studioso della shoah che non ha mai voluto mettere piede in un lager, raccoglie le testimonianze degli ultimi sopravvissuti dei campi di sterminio nazisti. Con semplicità e grande capacità di approfondimento, Massimo Boni delinea a vari livelli concetti come il senso profondo di identità che unisce quando non separa, e si ostina a trovare le voci nascoste in ciascuno di noi come nei personaggi di questo romanzo.
Con un doppio filo, teso quanto doloroso, tra il giovane Pacifico Lattes e il novantottenne Attilio Amati, l’ultimo sopravvissuto della shoah, Boni riesce a dare luce al profondo legame, che va oltre il senso di un’identità religiosa o di comunità, tra i destini di ciascuno di noi, in quanto esseri umani. Racconta un giovane che prende coscienza della sua storia. Il museo delle penultime cose è un esempio lampante di una storia che ha bisogno di essere raccontata e lo fa con la forza e la determinazione di chi sa di avere il diritto di esistere. È una storia intima ma universale, in cui il passato e il presente cancellano differenze tra eventuali “noi” ed eventuali “altri”.
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