Le migliaia di persone che da giorni affollano le piazze di Ouagadougou volevano due cose: che Blaise Compaoré se ne andasse e che gli fosse impedito di ricandidarsi. La scintilla è stata la proposta di riformare la costituzione in modo da poter fare altri tre mandati. Compaoré è al potere dal 1987, ma la sua longevità politica non è da record: altri cinque presidenti africani sono al potere da più tempo.

La Francia ha sempre tollerato il suo regime: un presidente eletto quattro volte a larghissima maggioranza, utile alleato in una regione agitata. Compaoré ha fatto da ago della bilancia in varie crisi dell’Africa occidentale, da quella ivoriana a quella guineana, si è presentato come il mediatore e il garante della pace regionale e questo gli è servito per far dimenticare il suo peccato originale (l’uccisione di Thomas Sankara, eroe della liberazione postcoloniale) e l’eterno ultimo posto del Burkina Faso nelle classifiche mondiali dello sviluppo.

Ma oggi la Francia è un po’ meno tollerante. E questo, insieme all’esercito burkinabé apparentemente solidale con la protesta, ha segnato la fine di un’epoca. La “protesta dei cucchiai” sembra aver raggiunto i suoi obiettivi: dopo aver ritirato il progetto di legge per riformare la costituzione, Compaoré è stato obbligato a dimettersi.

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